Caso Lascor, i lavoratori meritavano più fiducia
Ridurre la bocciatura dell'accordo, da parte dei dipendenti dell'azienda di Sesto Calende, a una questione di «lavativi», è un grave errore
Ridurre la questione della bocciatura dell’accordo, da parte dei lavoratori della Lascor, a una questione di «lavativi», è un grave errore. I lavoratori con il loro «No» hanno bocciato sia l’azienda che il sindacato (Fim-Cisl e Fiom-Cgil), autori dell’accordo, perché il vero problema non è lavorare il sabato o la domenica, ma le condizioni capestro che vengono proposte ai lavoratori in cambio di quella richiesta. Già oggi gli operai lavorano mediamente 2 sabati al mese con dei gettoni che vengono pagati al 46.6% più 25 euro per il turno 6-14 e 50 euro per il turno 14-22 . Nella proposta bocciata c’è un gettone di 75 euro per ogni 32 ore di lavoro, ma nel caso un lavoratore di quelle 32 ore perdesse un solo minuto – per qualsiasi motivo, dalla foratura dell’automobile alla febbre del bambino – perderebbe l’intero gettone di 75 euro. Ti capita due volte e sono 150 euro lorde in meno al mese. Quindi il messaggio è il seguente: vi diamo l’aumento, ma attenti a non sgarrare. Eppure, in questi anni, i lavoratori della Lascor hanno sgarrato poco, permettendo all’azienda, nonostante la crisi, di tenere botta alle richieste del mercato cinese e quindi di crescere, come dimostrano i numeri pubblicati dal gruppo Swatch (di cui la Lascor fa parte). Nel 2011 il bilancio consolidato del gruppo svizzero ha fatto registrare un fatturato record pari a 7miliardi e 143 milioni di franchi svizzeri (+ 21,7% rispetto all’anno precedente) con l’aumento più consistente nel segmento orologi (+ 26,1%), produzione che ha il suo cuore proprio a Sesto Calende.
Alla luce di questi risultati, forse i lavoratori della Lascor un po’ di fiducia in più la meritavano.
Il sindacato, da parte sua, deve aprire una profonda riflessione. Fiom-Cgil e Fim-Cisl, che hanno condotto la trattativa, hanno fatto un errore di prospettiva. L’aumento di stipendio è reale, ma le clausole a fronte di quell’aumento, come si diceva, sono troppo rigide e tutte sfavorevoli ai lavoratori. Come potevano pretendere, dunque, che quell’accordo passasse? E portare come argomentazione, a sostegno della scelta fatta, l’emergenza della crisi economica, non è corretto, perché si sta parlando di un’azienda che non solo non ha risentito della crisi, ma che, anzi, ha bisogno di aumentare la produzione per far fronte a una domanda in crescita. Inoltre, la questione della solidarietà nei confronti dei lavoratori precari, che sarebbero stati stabilizzati se l’accordo fosse passato, rischia di avere un carattere inutilmente “ricattatorio”, creando tensioni tra gli stessi lavoratori. È vero che negli ultimi anni, questo tipo di “baratto” è stato utilizzato abbondantemente e con successo nelle trattative sindacali (vedi, ad esempio, il caso Alenia-Aermacchi). Ma se la Lascor aveva bisogno di aumentare la produzione, non era anche suo interesse stabilizzare i precari, indipendentemente dall’accordo sul lavoro durante i fine settimana?
Infine, la domanda più importante, che gli stessi lavoratori della Lascor hanno posto nelle mail mandate a Varesenews: ma quanto valgono un sabato e una domenica sottratti alla propria famiglia?
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