“Noi, profughi permanenti: la nostra terra esiste solo nei sogni”

Celebrata con grande commozione la Giornata provinciale del ricordo per le stragi delle foibe. Ospite d’onore Ottavio Missoni, sindaco onorario del libero comune di Zara in esilio

Più passano gli anni, più forte è la commozione. Perché il contrasto tra la vita varesina di oggi, serena e laboriosa, e quello che successe alla fine della seconda guerra mondiale agli italiani di Istria e Dalmazia è drammatico. Ma fa parte della storia d’Italia.

Nel 1945 l’Italia perde i territori della Dalmazia e dell’Istria. Gli italiani che qui abitano devono dunque decidere se emigrare o restare in Jugoslavia, rinunciando però ad origini e nazionalità. Ma Tito riesce a precedere gli alleati e decide di fare piazza pulita di tutto ciò che è italiano: nel maggio del 1945 il dittatore occupa Trieste e l’annullamento di tutto ciò che è italiano ha inizio. Obiettivo è annettere la città e l’intera Istria alla Jugoslavia. In 350.000 riescono comunque a fuggire: lasciano casa ed averi e scelgono l’Italia, andando incontro a un destino da esuli e da profughi. Gli altri sono vittime della furia omicida e della pulizia etnica di Tito.

I profughi non furono ben accetti in tutte le città d’Italia. Ma Varese fu accogliente, ed oggi, nell’aula magna dell’Università dell’Insubria di Varese, i membri del Comitato Provinciale di Varese dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia-A.N.V.G.D. le autorità, tanti studenti e citadini hanno celebrato, come ogni anno, la Giornata del ricordo.

Un’edizione particolare quella del 2012, che ha scelto di comunicare il ricordo attraverso l’arte, i colori e la musica. E massimo rappresentante del ricordo è stato proprio Ottavio Missoni, atleta, imprenditore, artista, stilista internazionale, ed ex profugo.

Il ricordo del novantunenne, che proprio oggi compie gli anni, comincia dal Natale 1941, l’ultimo passato a casa con la mamma. Solo dopo quattro anni Ottavio rivede la sua famiglia: perché a gennaio 1942 parte per la guerra, in Egitto viene fatto prigioniero e nel settembre del 1946 finalmente torna a casa. Ma non a Zara, già abbandonata dai Missoni perché sottoposta a terribili bombardamenti americani, ma a Trieste. La vita da esuli della famiglia Missoni era dunque già iniziata, esuli permanenti secondo lo stilista, «perché l’emigrato può sempre sognare di tornare nella sua terra, ma a noi questo segno è stato negato, tanto da dubitare che la nostra terra sia mai esistita. Zara esiste solo nel ricordo e nei sogni dei suoi vecchi cittadini». «I profughi hanno pagato un conto materiale e morale incalcolabile – ha concluso Missoni – e con tutto ciò hanno dato un esempio di dignità, civiltà e intelligenza politica. Hanno trovato parole di tolleranza che sono state e sono esempio per tutti».

Il ricordo dei fatti storici è stato affidato anche a Giuseppe Armocida, docente dell’Università dell’Insubria e presidente della Società Storica Varesina, e a Sissy Corsi presidente del Comitato Provinciale di Varese dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia-A.N.V.G.D. In sala presenti il sindaco di Varese Attilio Fontana, l’assessore provinciale Francesca Brianza, il generale Antonio Pennino del Comando Nato di Solbiate Olona, Stefano Tosi in rappresentanza del Consiglio regionale e tutti i massimi rappresentanti delle autorità militari, scolastiche e civili provinciali.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Febbraio 2012
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