Mafia bustocca, 70 anni di carcere al clan

Il gip del tribunale di Milano ha condannato i componenti del gruppo arrestato con l'operazione "Fire Off", tutti appartenenti ai clan Rinzivillo e Madonia. Si resero responsabili di decine di estorsioni oltre a trafficare droga

Dure condanne per gli appartenenti ai clan Madonia e Rinzivillo di Busto Arsizio. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano ha confermato le richieste di pena del pubblico ministero Giovanni Narbone per tutti i componenti del gruppo criminale responsabile di numerose estorsioni ai danni di imprenditori della zona di Busto Arsizio, traffico di droga, detenzione illegale di armi, oltre all’associazione mafiosa. La condanna più pesante è stata inflitta a Fabio Nicastro che dovrà scontare una pena di 20 anni mentre suo fratello Dario ed Emanuele Napolitano sono stati condannati a 12 anni di reclusione, 10 gli anni da scontare per Rosario Vizzini (capo della cosca operante a Busto e oggi pentito) e Rosario Bonvissuto (arrestato nel 2009 anche nell’ambito dell’operazione contro la ‘ndrangheta del lonatese), infine 8 anni a Emanuele Italiano.

I sei erano stati arrestati nell’ambito dell’operazione “Fire off” condotta dalla Squadra Mobile di Varese diretta da Sebastiano Bartolotta nell’aprile del 2011 grazie ad un’inchiesta che prese le mosse da un attentato eseguito dal gruppo a Induno Olona ai danni di una delle loro vittime. Decine, da quel momento in poi, le estorsioni ricostruite dagli inquirenti che sono poi finite tutte nell’ordinanza della Dda di Milano che ha fatto scattare gli arresti. Subito dopo quell’operazione giunse il suo completamento con il compimento dell’inchiesta “Tetragona” che portò a 63 gli arresti eseguiti con la sostanziale decapitazione di due clan operanti a Gela come a Busto: quello degli Emanuello-Rinzivillo, legato a Rosaio Vizzini che faceva da referente nel nord-Italia, e quello dei Madonia, che aveva in Fabio Nicastro l’uomo di collegamento.

Le operazioni portarono al sequestro di beni per oltre dieci milioni di euro tra cui imprese edili, conti correnti, una barca da 14 metri e diversi appartamenti e ville. Dalle indagini apparì evidente la collaborazione pacifica ed economicamente vantaggiosa tra realtà che, nel nisseno, si fanno la guerra da anni. Dopo l’arresto dei componenti del clan bustocco il suo capo riconosciuto Vizzini decise di collaborare con la giustizia e facendo scoprire il corpo di Salvatore D’Aleo, picciotto disubbidiente della cosca che venne eliminato barbaramente e il suo corpo fatto sparire a Vizzola Ticino, luogo dove vennero effettivamente ritrovati i resti. Lo stesso Vizzini si autoaccusò anche del reclutamento del killer che uccise l’avvocato Mirabile, ucciso a Gallarate nel 1989 . Per l’omicidio di D’Aleo, ora, dovranno rispondere lo stesso Vizzini, Fabio Nicastro ed Emanuele Italiano. Il difensore di Fabio Nicastro, Francesca Cramis non ha voluto commentare la sentenza e ha rimandato eventuali dichiarazioni alla lettura delle motivazioni che verranno presentate entro 60 giorni.

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Pubblicato il 02 Marzo 2012
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