Risse in museo
Nel nuovo spazio espositivo Giannetto Bravi e Chiara Pergola si confrontano sul concetto di Museo

Quadreria d’arte, Giannetto Bravi
La fonte si trova in quella sorta di minimarket del turismo culturale costituito dal bookshop dei musei d’arte di tutto il mondo. Dunque cartoline e l’interminabile proposta di gadget (dalle matite ai block notes, dalle statuette agli oggetti più fantasiosi) che a volte trattiene e intrattiene il turista più dell’esposizione stessa.
Si tratta di simboli di un consumo “alto”, rassicuranti punti di riferimento di un “grand tour” mordi e fuggi, che perdono inevitabilmente per strada il senso vero della loro origine, e che qui diventano occasione per una riflessione “sui modi di presentazione dell’opera, del rapporto tra l’opera e il contesto museale, sulle modificazioni che ne segnano lo spazio e, al tempo stesso, sulle relazioni con il pubblico.”(Angelo Trimarco), come nella grande mostra realizzata nel 2007 al Museo di Capodimonte a Napoli.
A tale poetica si lega l’intera esposizione di Doppio appello, in cui è proposta una Quadreria di sedici pezzi con cartoline aventi per tema paesaggi e nature morte, due generi topici della fenomenologia museale, ai quali si affianca una copia del libro d’artista Pompei composto di postali ripetute che rimandano all’evento storico. A completamento otto lavori che racchiudono dei singolari gadget museali, un pezzo che assembla quattro sottopiatti con medesimo soggetto, “le Signore di Giovanni Boldini”, e una sorta di piccola scultura surrealista, la tazza presa dal fantasmagorico repertorio iconografico di Salvador Dalí messo in scena dai musei che lo rappresentano.
Madeleine, Chiara Pergola con Antonella Huber
Che cosa significa aprire un museo?In origine era il luogo sacro alle muse, figlie di Zeus e Mnemosyne, il luogo del farsi della memoria collettiva, e in analogia al funzionamento del corpo, distillato dell’interazione di tutta l’attività corticale, di quell’insieme di parti interagenti che chiamiamo società. Ma se il museo sia questo oggi, non è chiaro. A quanto pare, risulta sempre più difficile, in un’epoca di atomizzazione individualistica, riconoscere come proprio un tracciato comune. Ammesso che fosse tale; può essere che il sospetto di una “cultura di parte” sia giustificato. E che questo sospetto sia la causa di fondo della sostanziale amnesia contemporanea. Può darsi che nessuno abbia voglia veramente di ricordare, finché tutti, fino all’ultimo individuo che popola la terra non avrà messo al mondo il proprio segno personale, la propria scrittura, la propria traccia (e qui si intende esattamente “la sua”), e l’avrà vista riconosciuta da tutti. Tutti gli altri che pure chiedono lo stesso riconoscimento. Ma come è possibile ricordarsi di tutti? Potrà mai il segno di ognuno, formare un linguaggio? E che forma deve avere, questa lingua, perché possa essere parlata? La domanda prende la forma di un esperimento volto a sondare il grado di preparazione al riconoscimento reciproco.
Si ringrazia per la collaborazione Costanza Candeloro.
DOPPIO APPELLO. Giannetto Bravi, Chiara Pergola con Antonella Huber
02 – 25 marzo 2012
Tutti i giorni su appuntamento: 335 8051151
Inaugurazione venerdì 02 marzo ore 18
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