Cambiare è possibile, partendo dalla porta del vicino

Giacomo Petitti di Mani Tese racconta ai lettori di VareseNews cosa succede alla Terza Conferenza Internazionale sulla Decrescita di Venezia: tra grandi ospiti e street parade in Laguna

I lavori della Terza Conferenza Internazionale sulla Decrescita aprono con una certezza e molte domande.
La certezza è che continuare sulla strada dello sviluppo senza se e senza ma è da pazzi. Non è più pensabile ancorare l’intero sistema economico alla necessità di avere, ogni maledetto trimestre, il segno più di fianco alla colonnina del PIL. Marco Deriu, dell’Associazione per la Decrescita, lo chiarisce da subito facendo gli onori di casa di fronte alla platea del teatro Malibran, in prevalenza giovani di diverse nazionalità. La civiltà dell’accumulazione, spiega, è un vicolo cieco evolutivo dal quale bisogna uscire al più presto.
Le molte domande, a questo serviranno i prossimi giorni, riguardano il come. Deriu sottolinea che il percorso per arrivare a Venezia è stato lungo e partecipato, l’evento è e dev’essere plurale, perché solo ascoltando più voci e facendole confrontare tra loro si potrà superare l’egemonia del pensiero unico. La conferenza non è una convention per intellettuali ma un cantiere a cielo aperto. Lo dimostra l’attenzione a raccogliere i contributi dei convegnisti in un “albero delle proposte” e attraverso il cosiddetto “giardino delle idee”, due strumenti concreti per favorire la partecipazione.
I relatori, che prendono la parola uno dopo l’altro, confermano l’impressione iniziale. Tanto uniti nella denuncia dell’insostenibilità della crescita a tutti i costi, quanto eterogenei per storia, vissuto ed esperienze. Non sarà facile fare sintesi.
Serge Latouche, padre putativo del movimento per la decrescita, abbozza un quadro di riferimento per la transizione con le sue tre parole d’ordine: rilocalizzare l’economia, riconvertire il settore agricolo ed energetico e ridurre gli orari di lavoro. Ci sarebbe già da discutere a lungo, ma gli speakers aggiungono altra carne al fuoco. Veronika Benholdt-Thomsen, della University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna, cattura la platea mettendo l’accento sulla solitudine del consumatore moderno, a cui contrapporre nuovi e diversi modi di convivere nelle città. È un assist perfetto per raccontare l’esperienza delle Transition Towns, forse il laboratorio davvero più innovativo degli ultimi anni. Gruppi di cittadini che portano i loro quartieri, strada per strada, a collaborare per ridurre l’impatto energetico, produrre e consumare cibo sano e locale, decidere come allocare le proprie risorse. Lo sviluppo di una capacità imprenditoriale che viene dal basso e si adopera per il bene di tutti, con al centro una comunità viva che riflette, sceglie e agisce. Una realtà che in soli 6 anni è cresciuta fino ad essere presente in ben 34 paesi.
Queste sono esperienze che cambiano davvero le cose, cominciando dalla porta del vicino di casa e arrivando fino in consiglio comunale, e poi chissà dove.
Fuori dal teatro una banda di percussionisti per una street parade che ci porta in giro per la città. Di certo non passeremo inosservati.

Per seguire i lavori attraverso i commenti, le foto e le interviste della delegazione di Mani Tese presente alla conferenza:  www.manitese.it

IL DIARIO DA VENEZIA DI GIACOMO PETITTI

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Settembre 2012
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