Varese ricorda l’ottobre rosso con un occhio all’oggi
Ricordato in Largo Resistenza, l'eccidio di 16 ragazzi trucidati dai nazifascisti nel 1944. La cerimonia, voluta dalla Federazione associazioni Partigiane e dal Comune
Una messa, un corteo, una corona di fiori all’Arco Mera in onore dei 16 caduti nell’ottobre 1944 e la commemorazione ufficiale da parte della autorità. Varese ha commemorato questa mattina, domenica 14 ottobre, il sangue versato dai suoi ragazzi, vittime della violenza nazifascista.
Il ricordo di quell’ottobre rosso, per il sangue versato in nome della libertà è voluto dalla Federazione Associazioni Partigiane con il presidente Alessandra Pessina e dal Comune di Varese rappresentato dal vicesindaco Carlo Baroni. Presente anche il sindaco di Bodio Lomnago Bruno Pavan.
La vicenda risale all’autunno del ’44 e riguarda l’eccidio di giovani ragazzi che lottavano per la libertà, inquadrati nella “banda Lazzarini” e colpiti dalla violenza nazifascista.
In Largo Resistenza si è svolta la cerimonia ufficiale. Presentati da Alessandra Pessina, hanno parlato il vicesindaco Baroni e Angelo Zappoli, in rappresentanza della Federazione Associazioni
Partigiane: «Cosa avrebbero fatto oggi quei giovani che oggi siamo qui a ricordare? – ha detto Baroni – Penso che si sarebbero appassionati per il bene di tutti. In un momento drammatico come questo questi eroi siano oggetto di costante memoria da parte nostra».

Un riferimento anche alle vicende politiche dei giorni nostri è arrivato anche da Zappoli che si è soffermato sulla distanza tra quei valori e la realtà in cui viviamo, tra l’impegno disinteressato e l’impegno di chi coltiva il proprio interesse: « Se ci limitiamo a fare il popolino che fa da spettatore al gioco della politica allora siamo noi stessi responsabili di ciò che avviene. Solo la politica può essere la sintesi degli interessi di una collettività ma a condizione che il popolo faccia la sua parte e controlli e stimoli coloro a cui è affidata la gestione della cosa pubblica. Se ci limitiamo a fare da spettatori allora siamo complici di una incultura che impedisce il progresso»
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