Rifugio per senza tetto, parla l’esperto
Il presidente della Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora analizza il caso di Busto trovando diverse anomalie, dal contratto con le ferrovie fino allo stanziamento economico, e consiglia: "forse conviene rivedere l'intero progetto"
Sono in molti a rimanere colpiti dal travaglio che sta attraversando da anni il rifugio per senza tetto a Busto Arsizio e tra questi commenti stupiti c’è anche quello di Paolo Pezzana, il presidente della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora.
«Ci sono due dati che mi sorprendono», commenta Pezzana che da anni si occupa delle realtà che offrono servizi alle persone senza dimora in tutta Italia «e il primo riguarda le ferrovie». Il canone di locazione chiesto al comune è infatti «troppo elevato, anomalo per le ferrovie» anche perchè spesso accordi di questo tipo «non sono mai nella forma dell’affitto». Il presidente della FioPSD cita, ad esempio, il lavoro di una realtà associata alla Federazione, l’Osservatorio Nazionale sul Disagio nelle Stazioni. «L’Onds si occupa proprio di mettere insieme la domanda di spazi nelle stazioni e l’offerta che le ferrovie possono dare» e le intese raggiunte spesso sono a costo zero, basandosi generalmente su uno scambio: i comuni garantiscono maggiore sicurezza e pulizia nelle stazioni che, in cambio, mettono a disposizione degli spazi. La collaborazione tra il settore politiche sociali di FS e l’Onds è a livello nazionale e ha già portato a convenzioni di 7, 10 o 15 anni in decine di città lungo tutta la penisola ma evidentemente «il comune di Busto ha seguito un’altra strada e le ferrovie ne hanno approfittato».
Una strada anomala che prevede un esborso di oltre la metà del budget che il comune ha stanziato per affrontare il tema. Ed è proprio questo il secondo dato sorprendente. «13.000 euro per gestire un rifugio in una grande città come Busto sono del tutto insufficienti», commenta seccamente Pezzana. Il pregevole progetto designato dal Comune, con spazi per il recupero e il reinserimento sociale «richiederebbe quasi 50.000 euro all’anno». E in questo senso «le associazioni di volontariato hanno ragione a dire che il Comune non può scaricare su di loro ogni responsabilità» ma quando parte il progetto di un rifugio è «inevitabile che le responsabilità debbano aumentare per tutti, anche per i volontari». Paolo Pezzana cita, ad esempio, la battaglia della FioPSD contro un provvedimento dell’ex Ministro Roberto Maroni che «voleva attribuire la responsabilità penale ai centri che ospitavano immigrati clandestini» per sottolineare che «se ci si ferma troppo sulla questione delle responsabilità non si riesce a fare nessun servizio».
Ma con quello che il Comune ha messo a disposizione dei senza tetto della città «forse sarebbe meglio fare un progetto di altro tipo». Pezzana cita, ad esempio, la convenzioni che alcune amministrazioni comunali hanno sottoscritto con Aler per entrare in possesso di alcuni appartamenti, ristrutturarli e promuovere progetti di reinserimento sociale. Ma per capire quali strade hanno in mente Palazzo Gilardoni e rete Vo.La.Re. bisognerà aspettare la convocazione del tavolo tecnico della commissione servizi sociali. Convocazione di cui, al momento, non c’è ancora traccia.
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