Alla Cascina Burattana per “il diritto di scegliere cosa mangiare”
La Biofiera di San Giovanni è stata l'occasione per fare il punto sul progetto che da anni sogna di rivoluzionare la storica cascina bustocca. "Sono le persone che continuano a farci credere nel progetto" anche se "le istituzioni non ci stanno certo aiutando"
La scelta tra biologico e alimentazione convenzionale «è una questione di libertà». Ne è fermamente convinto Vittorio di Mattei, storico membro della cooperativa che da 9 anni gestisce la cascina che sorge lungo il viale Boccaccio di Busto Arsizio. «Sono 9 anni che noi continuiamo a lottare per offrire ai consumatori uno spazio di libertà -continua di Mattei- permettendo loro di scegliere cosa comprare» e riscontrando sempre più consensi. Non è un caso, infatti, che oltre alla vendita diretta dei prodotti (tutti i sabati mattina e le domeniche pomeriggio) anche le fiere che periodicamente vengono organizzate nei prati della cascina richiamano migliaia di visitatori. Anche la "bio fiera di San Giovanni" non è stata da meno con migliaia di persone che per tutta domenica 23 giugno hanno animato la cascina, muovendosi tra i vari espositori accomunati dalla filosofia biologica e biodinamica. «E’ proprio la risposta delle persone che continua a farci credere nel progetto» commenta Di Mattei guardano il flusso incessante di visitatori, dimostrazione del fatto che «la gente sta capendo che deve scegliere e che può scegliere». Proprio per questo «una cascina che sorge a 7 minuti netti di bicicletta dal centro cittadino» è di fondamentale importanza dal momento che «la vicinanza e la comodità è proprio quello che le persone ci chiedono».
Da non dimenticare poi che dietro ai prodotti coltivati nella terra della Cascina c’è un grande lavoro e un altrettanto grande sogno. «Noi rispettiamo la terra, non la uccidiamo con la chimica ma la nutriamo con il letame» e grazie a questa pratica «la nostra terra è viva, non abbiamo bisogno di andare in profondità per coltivare». Rispettando i cicli della coltivazione «la natura dà e prende» trovando così «direttamente nel terreno ciò di cui le piante hanno bisogno».
Ma mentre nella terra attorno alla Cascina la vita esplode, all’interno delle mura tutto sta morendo. «La Cascina internamente sta crollando sempre di più e le nostre richieste di poter intervenire vengono costantemente disattese». Il paradosso dell’ambizioso progetto di rinascita della Cascina è proprio qui: «Noi sognamo una cascina che abbracci dalla produzione fino alla degustazione» e per questo motivo «abbiamo preparato diverse linee di intervento in collaborazione con il Politecnico di Milano». Un progetto da 3 milioni e mezzo di euro «che sarebbe a costo zero per il Comune (proprietario della struttura, ndr)al quale chiediamo solo di concederci la struttura per un periodo piuttosto lungo» sottraendo dall’eventuale canone d’affitto i lavori di ristrutturazione. E nonostante il progetto «che a regime darà lavoro a 30 persone» venga apprezzato in maniera bipartisan dalla politica, sono anni che il fascicolo è stato fagocitato dalla burocrazia senza lasciar intravedere una luce in fondo al tunnel. «Non chiediamo soldi, chiediamo solo di fidarsi del nostro progetto e di lasciar prendere avvio ad una realtà che non punta al profitto ma che vuole solo offrire un polmone verde alla città».
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