“Giornalismo su carta e Web”. Ma siamo ancora qui?

A che punto siamo con la nostra professione. Dopo la vendita del Washington Post ne riflettono Lucia Annunziata e Massimo Russo

Quando nel 2000 AOL, il più grande internet provider del mondo, acquisì la Time Warner, Lucia Annunziata aveva da poco preso la guida de Il Nuovo, il primo esperimento di giornale nazionale online in Italia. Un progetto nato quando la new economy sembrava trasformare in oro tutto quello che toccava. Un momento che durò un tempo molto limitato proprio come il giornale che chiuse già nel 2001. Ci vollero dieci anni prima che, con Il Post di Luca Sofri, nascesse qualcosa di realmente nuovo nel panorama digitale nazionale.

Serve a poco questa memoria perché nel frattempo il mondo è completamente cambiato.
Certo però che se non si prova a mettere insieme tutti i pezzi possibili della memoria, si rischia di ricominciare i dibattiti sempre da zero. Così, se da una parte è stimolante il post di Lucia Annunziata su Huffington post Italia da lei diretto, dall’altro non si può che restare un po’ perplessi. 
Qual è il senso del continuare a puntare su "Giornalismo su carta e Web. Matrimonio possibile?" come recita il titolo del post dell’Annunziata? È comprensibile lo shock del vedere una testata come il Washington Post ceduta a Bezos che rappresenta uno dei quattro giganti del mondo digitale. Ci aspetteremmo però un’analisi che riflettesse su scenari più ampi di quelli tracciati nel post. Il quotidiano statunitense è stato un simbolo per molti di noi un po’ avanti con l’età. Forse ancor più noto grazie a Robert Redford e Dustin Hoffman che recitavano i panni dei due cronisti alle prese con uno dei casi d’inchiesta giornalistica più nota nella storia.
Da allora di cose ne sono cambiate e le racconta proprio bene Mario Tedeschini Lalli.
Non mi appassionano gli slogan come quelli della copertina di Wired che esattamente tre anni fa dava per morto il web, certo però che Chris Anderson un po’ di ragioni le aveva e non solo per gusto provocatorio.
Proprio ieri recensivo l’ebook di Lillo Montalto sul Journalism real-time. Un fenomeno con cui fare i conti perché l’utilizzo di smartphone e tablet sta rivoluzionando la vita delle persone. Ormai siamo vicini al fatto che un terzo delle visite provengano da quei device e spesso si arriva all’informazione grazie ai social.
La sensazione che si ha leggendo articoli poderosi e ragionati, ma pieni di autoreferenzialità, come quello dell’Annunziata, è che non si parli di un prima o un dopo, di un passato o di un chissà quale futuro, ma di mondi paralleli a cui si resta legati, e ne comprendiamo le ragioni perché restano gloriosi, ma che davvero rischiano di esser fuori dalle vere questioni.
Prova a rimettere in carreggiata i ragionamenti Massimo Russo, direttore di Wired, con una veloce riflessione che, con impeccabile stile, afferma che anche nascendo ora un giornale solo di carta, questo non potrebbe fare a meno dei social network. La ragione non è ideologica, ma strategica. Nessuno di noi aprirebbe un negozio al pubblico in un vicolo cieco. O forse si, ma si dovrebbe chiamare Amazon.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 07 Agosto 2013
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