I vigili schierati salutano “il comandante”

Nella chiesa di Villadosia l'ultimo saluto a Giuseppe Picone, con tanti colleghi e amministratori stretti intorno al dolore della famiglia

Quasi cinquanta vigili schierati, molti con gli occhi lucidi, hanno salutato all’uscita dalla chiesa di Villadosia Giuseppe Picone, per molti "il comandante". Era stato guida per tanti vigili – anzi: agenti di Polizia Locale – in vari Comuni, gli ultimi erano stati Cardano al Campo (fino al 2011), Besnate e Arsago Seprio. C’erano i colleghi da tanti Comuni diversi, quelli vicini e anche quelli un po’ più lontani, perché tanti comandanti erano in contatto con Picone per le attività di formazione e di studio sul servizio della Polizia Locale. C’erano anche tanti sindaci e assessori con la fascia tricolore, per esprimere il ringraziamento per un uomo che «sapeva unire alle competenze tecniche le doti umane» (come ha detto il sindaco di Arsago Seprio Claudio Montagnoli), un uomo che era stato anche un innovatore, per esempio cogliendo la forza del web come strumento di comunicazione con i cittadini. Un uomo «che sapeva farsi rispettare, anche se non tutti sapevano capire questa posizione di autorevolezza», ha detto l’ex sindaco di Casale Litta.
C’era la famiglia, con il suo dolore profondo. Nell’omelia don Stefano Venturini ha parlato anche del dolore, che è di una comunità ma prima di tutto è dei famigliari, quelli che rimangono con un vuoto da affrontare. «Vi ringrazio di cuore, mio padre sarebbe stato felice di vedervi qui», ha detto poi fuori dalla chiesa, al microfono, il figlio di Picone, Fabrizio, che ha detto parole intense su suo padre, sulla sua storia, sul rapporto tra loro, sull’ultimo saluto tra un padre e un figlio, nell’ospedale di Roma dove Giuseppe era ricoverato. Sulla scalinata, poco prima di parlare, Fabrizio ha estratto anche il cellulare, per riprendere la parata dei vigili, gesto così moderno e così naturale. Fabrizio Picone ha scelto una canzone di De Andrè per salutare suo padre. "Disamistade", una scelta forte e profonda, con il verso "per tutti il dolore degli altri è dolore a metà" che nel testo è un appello alla propria umanità verso gli altri. È vero che "quando si muore, si muore soli", come diceva De Andrè altrove, ma l’abbraccio di una comunità era davvero commovente, di fronte ad un uomo che ha rappresentato molto.

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I funerali di Giuseppe Picone 4 di 8
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Pubblicato il 24 Settembre 2013
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