Strage di Tunisi, “Non dimenticheremo mai quegli spari”

Sono rientrati a casa venerdì sera Primo Roncolato e Ornella Zuin, la coppia varesina che il 18 marzo doveva essere nel museo del Bardo: "Un caso fortuito che ci ha salvato la vita"

Tunisia

Sono tornati a Somma Lombardo da poche ore i coniugi Roncolato, dopo la tragedia vissuta a Tunisi, dove si trovavano in vacanza proprio nel giorno della strage al Museo del Bardo, avvenuta mercoledì scorso, 18 marzo. Primo Roncolato e Ornella Zuin stavano effettuando una corciera e la mattina dell’attacco terroristico, prima che iniziasse il caos, dovevano decidere il percorso della giornata: «Potevamo scegliere se andare a Cartagine o al museo del Bardo in pullman – racconta Ornella, 53 anni, da sempre sommese -. Abbiamo scelto Cartagine e soltanto più tardi abbiamo saputo che quel pullman era stato preso d’assalto dai terroristi».

I due conuìiugi si sono comunque avvicinati, a loro insaputa, al luogo della strage, nel centro della città di Tunisi: «Finita la gita a Cartagine abbiamo preso un taxi, volevamo raggiungere gli altri al Museo del Bardo – racconta la donna, ancora scossa per l’accaduto -. Alla radio del taxi capivamo solo che continuavano a menzionare “Bardo”, ma il taxista non ci diceva nulla. Ci ha lasciato in una stradina vicina al museo. Quando siamo scesi abbiamo visto mezzi blindati e sentito degli spari. Ci siamo rifugiati in un bar, non capivamo cosa stesse accandendo».

Poi l’incotro con uno studente: «Abbiamo inocntrato nel bar un ragazzo che aveva studiato a Perugia, conosceva l’italiano e ci ha detto che eravamo in pericolo a rimanere lì. È stato lui a chiamarci un taxi e a farci riportare alla nave. Solo allora abbiamo saputo bene cosa è accaduto e così compreso il pericolo che avevamo corso. Ringrazio Dio per quella scelta fatta al mattino, ma sono altrettanto dispiaciuta per quello accaduto ad altri viaggiatori».

Ornella e il marito, imprenditore che ha una azienda agricola nel novarese, hanno comunque deciso di non proseguire la vacanza: «Ci è stato proposto di tornare a casa e abbiamo accettato – conclude Ornella -. Sulla nave, dove siamo stati trattati benissimo, non si parlava d’altro tra i passeggeri. Inoltre, a casa erano tutti preoccupati. Non sarebbe stato giusto proseguire, anche nel rispetto di chi ha perso la vita».
Ornella e Primo hanno riabbrracciato i loro figli venerdì sera: «Ora siamo a casa, ma quella senzazione di essere in mezzo agli spari e non sapere cosa stia accadendo, non la dimenticherò più».

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Manuel Sgarella
manuel.sgarella@varesenews.it

 

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Pubblicato il 21 Marzo 2015
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