Una gatta sulla marimba che scotta
Massimo Barbiero, leader degli Odwalla e degli Enten Eller, pubblica il cd “Simone de Beauvoir”. E attraversa la vita senza fare rumore
La prima grandezza di un artista è quella di riconoscere i propri limiti strumentali: di questo Massimo Barbiero ne fa, quasi, una bandiera in “Simone de Beauvoir” (MB001), il suo primo disco autoprodotto dopo quasi trent’anni di ininterrotta collaborazione con la Splasc(h) Records. Un disco dedicato ad una gatta – quella di Massimo, scomparsa poco tempo fa – e commentato da una bellissima frase di Ernest Hemingway: “Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore“.
Il limite, però, può anche essere una qualità costretta, una virtù soffocata o una scelta voluta: da qui questo cd per sola marimba, strumento al quale Barbiero è affezionato ma che, su sua stessa ammissione, non domina tanto quanto la batteria. Il nocciolo del discorso, però, non è il dominio ma la liberazione, non la tecnica ma la spontaneità, non la perfezione ma la naturalezza che si spande istantanea nella cattura del momento immacolato. È la bellezza tenera che si genera quando l’artista riesce a dialogare con se stesso senza perdere quell’innocenza che lo ha fatto diventare grande. E’ qui che Massimo (per richiedere il cd www.massimobarbiero.com oppure info@massimobarbiero.com) offre il meglio di sé stesso rinunciando agli “improbi confronti” con le leggende della marimba: Burton, Hutcherson, Friedman e Van Der Geld. È qui che il suono, prima svuotato del suo significato narcisistico e poi riempito di segno e gesto emozionale, arriva dritto all’ascoltatore nel suo rimbombo ligneo.
“Il suono come metafora del pensiero“, dice Massimo, ma anche come realizzazione di uno spazio e di un senso intimo della vita. In “Simone de Beauvoir” il leader degli Odwalla (ensemble di percussioni ispirato da Igor Stravinksy e dall’Art Ensemble of Chicago) e degli Enten Eller (uno fra i grandi gruppi sperimentali dell’avanguardia italiana tra elettrico ed acustico) non smentisce il suo percorso di quella che è la pulsazione costruttiva della musica.
Nel profondo, o nell’abisso del suono, si ritrova l’essenza molecolare dell’uomo. Il suo sfaldamento continuo alla ricerca di un messaggio che non sia musica ma respiro denso e liquido nello stesso tempo. Una liturgia solitaria che avvolge l’ascoltatore, lo sospinge verso la pratica onirica, lo culla con suoni acquatici e terrosi. Barbiero re-interpreta le forze della natura e le fa sue con un disco che parla di eternità facendo del tempo un’entità leggera e quasi evanescente. Il segreto, in fondo, è questo: suonare senza che si debba pensare al suono e a quello che è. Ecco perché Massimo è un gatto: zampetta sulla marimba dimenticando il rumore di fondo della vita. E lascia al pubblico quel senso di giovinezza che i gatti rielaborano nel loro peregrinare, tra improvvisazione e istinto.
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