Eugenio Bennato sul palco del Teatro Blu con “Sur”

L'appuntamento è per venerdì 18 settembre, alle 21, al Teatro di Minusio

Eugenio Bennato a Villa Recalcati per il "Festival dei Due Mondi"  (inserita in galleria)

Appuntamento per venerdì 18 settembre, alle 21, al Teatro di Minusio (Svizzera) con Silvia Priori e Roberto Gerbolès che presentano “Sur”, teatro-concerto che vedrà la partecipazione straordinaria del grande cantautore italiano Eugenio Bennato (voce e chitarra). 

Da uno studio su “ Ninco Nanco deve morire” di Eugenio Bennato. Ci sono luoghi che appartengo a tutti, luoghi che abitano dentro di noi, ci sono cose che esistono da sempre e che sono per sempre. Ci sono storie che appartengono a un Sud del Mondo e che scopriamo appartenere a tutti noi, come se in ognuno di noi ci fosse un angolo di Sud. Storie di un’ umanità che urla la vita, carica di amore e senso di giustizia, storie di uomini e donne come noi intrecciate con la musica e le canzoni di Eugenio Bennato. A volte ci è capitato di cantare melodie che pensavamo appartenessero alla tradizione popolare e poi come d’ incanto scopriamo che sono state pensate e scritte da una sola persona in carne ed ossa. E allora ti chiedi perché pensavamo appartenessero alla tradizione popolare, cosa vuol dire tradizione popolare, vuol dire che quelle melodie sono così profondamente radicate nell’ animo umano che ci sembra che appartengano a tutti, quasi come se fossero state inventate un giorno da tutti noi e non da un qualcuno in particolare. Ci sono musiche e parole che più che la volontà dell’autore interpretano il sentire di un popolo intero, e proprio per questo sfuggono di mano al proprio creatore diventando patrimonio comune e assurgendo al livello di veri e propri “canti popolari”. Brigante se more, con la sua storia travagliata, ci insegna che la musica popolare esiste da sempre e per sempre. Le parole «ommo se nasce, brigante se more» le ha scritte Eugenio Bennato, è vero, ma le ha dette Ninco Nanco, le ha urlate il partigiano Johnny, le ha sussurrate García Lorca davanti al plotone d’esecuzione, sono morte sulla lingua di Spartaco alle sorgenti del Sele. Hanno vagato per secoli nell’aria fino a quando un artista le ha messe nero su bianco, ma un minuto dopo erano già pronte a ripartire e oggi sono cantate da migliaia di giovani briganti moderni. Il Sud del mondo ci parla di precarietà, ingiustizia e sofferenza. Ma ci parla anche di voglia di riscatto, ricerca della propria identità, forza e coraggio. Il Sud del mondo è diventato un luogo comune, un preconcetto, una sorta di rifugio e capro espiatorio inconscio sul quale ognuno può dire la sua. Quando siamo in vacanza, quel sud del mondo che abita in noi è un luogo splendido, clima caldo, poche regole, bella gente, buon cibo… Quando le rigide regole che ci siamo imposti hanno la meglio, questi luoghi li giudichiamo improduttivi e irresponsabili. Il Sud del mondo è tutto ed il contrario di tutto. Possiamo dire però che il Sud del mondo ha sofferto e che dalla sofferenza nasce la consapevolezza… la sofferenza ridimensiona, pone l’uomo in una condizione di bisogno di giustizia, d’identità, di sicurezza, anche economica, è come se la condizione del Sud del mondo fosse un luogo destinato alla rinascita, e per questo motivo, fino a raggiungere tale destino, pulsa spesso di passione, d’intenso bisogno di trovare una sua identità. Ma sarà la nostra incapacità di conciliare nord e sud in un solo luogo, in cui regole e piaceri possano manifestarsi senza che l’una prevarichi l’altra, a rendere incompatibili queste due realtà che appartengono all’uomo? Ripensiamo alla strana storia di quella ballata che Eugenio Bennato scrisse trent’anni prima e a quante infinite lontane voci l’abbiano spontaneamente ripresa e tramandata: una melodia, ma anche e soprattutto un urlo, che risuona ancora più netto nel silenzio di allora, e che ha sicuramente acceso un riflettore forte su quella zona di penombra della storia.Ci sono luoghi che appartengono a tutti aldilà del luogo di provenienza, ci sono luoghi che non hanno bandiera e che ci parlano di umanità e uguaglianza. Ci sono luoghi dai quali non ci si può sottrarre, è una patria senza confini né bandiere, dove si parla una lingua comune. Sono luoghi dentro di noi e spesso lo si scopre attraverso una melodia, una canzone, un dipinto… a volte lo si trova in una condizione sociale, lo si trova per sopravvivere, lo si trova per bisogno, perché se non trovi qualcosa che ti faccia sentire parte di questo mondo, allora niente altro vale la pena di vivere. Spesso è il Sud del mondo che ci catapulta in tale condizione e lì troviamo quel luogo dal quale non ci si può sottrarre. “Brigante se more, un maledetto canto di briganti” che accomuna “i sud del mondo” in un unico canto per arrivare diritto al cuore di tutti, perché quello che si trova al sud del mondo è una qualità umana che appartiene all’uomo, oggi più che mai appartiene a tutti, quella necessità di riscattarsi da una precarietà sempre più accentuata, quel bisogno di ritrovare la propria identità in un mondo bombardato d’informazioni distorte, quella necessità di arrivare ad un dunque per poter ripartire, perché dove c’è sofferenza condivisa c’è terreno fertile per una rinascita.

Direzione musicale: Eugenio Bennato
Cantante: Francesca Galante
Musicisti: Ciro Radice, Igor Della Corte, Nicola Zuccalà, Norberto Cutillo, Stefano Risso
Costumi: Vittoria Papaleo
Testo e regia di Silvia Priori e Roberto Gerbolès
Produzione: Teatro Blu

INGRESSO LIBERO
Teatro Blu – Centro di Sperimentazione Teatrale
Via Monico, 16 – 21031 Cadegliano (Va) Italia
Tel/Fax +39 0332 590 592 cell. +39 345 5828597 info@teatroblu.it
www.teatroblu.it – www.cadeglianofestival.com – www.terraelaghifestival.com.

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 15 Settembre 2015
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