Spegnere l’inceneritore Accam? “Il governo ha detto no”
Il governo ha negato la possibilità di spegnimenti di qualunque inceneritore della rete nazionale. La rabbia dell'assessore Terzi: "Bloccato anche il progetto per Accam"

Poche parole che, però, pesano come macigni nel futuro di Accam. «Alla riunione tecnica, alla presenza dello stesso ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, è stata esclusa ogni possibilità di decommisioning per gli impianti della rete nazionale degli inceneritori, quindi anche quelli lombardi». A farlo sapere è lo stesso assessore regionale all’Ambiente, Claudia Maria Terzi, che si è confrontata con i propri tecnici al termine della riunione di oggi a Roma sul tema della rete nazionale degli inceneritori.
Se infatti la linea di regione Lombardia era chiara, ribadita anche martedì in consiglio regionale, altrettanto è stata quella del governo durante l’incontro di martedì mattina durante la Conferenza Stato – Regioni. Il Governo ha confermato la volontà di procedere con la realizzazione di nuovi dodici impianti (nessuno in Lombardia) per sopperire ai fabbisogni interni delle altre Regioni mentre nel frattempo il decreto prevede che le Regioni possano bruciare anche i rifiuti solidi urbani provenienti da fuori portando gli impianti esistenti alla massima capacità di incenerimento.
Una novità che potrà riguardare anche Accam da quando ad agosto è stato riconosciuto in categoria R1, quella prevista dall’ormai celebre articolo 35 del Decreto Sblocca Italia per entrare a far parte della rete nazionale degli inceneritori. Tutto il progetto di spegnimento dell’impianto ora potrebbe finire -di fatto- nella spazzatura perché lo stesso decreto stabilisce che gli “impianti di termotrattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale”.
Regione Lombardia, comunque, non rinuncia alla battaglia annunciando la volontà di dare vita ad un coordinamento delle Regioni del Nord in materia ambientale, partendo proprio dalla questione rifiuti e chiedendo al governo una consultazione popolare sul tema. Tra l’altro, uno spiraglio potrebbe già esserci: “Il decreto – spiega l’assessore Terzi – si configura come un piano ma se non dovesse essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale si aprirebbe la possibilità per le Regioni, e non solo, di impugnarlo e renderlo inefficace”. Una (nuova) battaglia che è appena cominciata.
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