Via Francigena: da Pavia a Santa Cristina

Una tappa dove l'acqua e la compagnia sono stati elementi dominanti. È bello, anche sotto la pioggia, far quattro chiacchiere con alcuni vecchi amici

via Francigena Lombarda da Pavia a Santa Cristina Bissone

Tanto tuonò che piovve. Oggi per la verità ero convinto di scamparla, ma alla fine ho preso tanta di quell’acqua per un’ora, che non c’era mantella che tenesse.

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Del resto questa esperienza ancora mi mancava, e così dopo 24 giorni di sole ci stava anche un acquazzone.

La giornata, vista la lunga tappa, è iniziata presto. Sveglia alle sei e mezzo con il naso all’insù visto che le previsioni erano pessime.

Con Renzo, un amico che mi ha raggiunto ieri sera, abbiamo dormito nell’ostello Santa Maria di Betlem.

Don Lamberto, il parroco della chiesa omonima, mi ha raccontato che il nome venne scelto da alcuni pellegrini Pavesi che intorno al milleduecento di ritorno dalla Terra santa, vollero dedicare la chiesa a Maria e ricordare anche la sua provenienza.

L’ostello è stato costruito recentemente ed ha 22 posti letto utilizzati anche da altri soggetti oltre ai pellegrini.

Ieri sera sono riuscito ad incontrare anche Anna, una collega che lavora per La Provincia Pavese. Un’ora insieme a parlar di giornali e di Pavia. Colpisce come i territori, pur nella loro diversità, presentino tanti tratti comuni.

Il cammino permette di guardare con occhi diversi e di scoprire così aspetti che normalmente vengono visti in altro modo. “Per me – mi dice Anna – è interessante uno sguardo da parte di un osservatore che conosce poco del territorio. Curioso quando racconti che non hai trovato spazzatura lungo il cammino. Fa piacere questo, tanto più se penso che in passato è stato un elemento ricorrente nel racconto del nostro giornale. Abbiamo fatto campagne perché la provincia è molto sporca. Camminare significa incontrare il mondo è questo ti permette di conoscerlo meglio. Peccato che noi che ci viviamo non si riesca a farlo. Per chi fa il giornalista sarebbe invece fondamentale”.

Una serata ricca di spunti e stimoli. Quando vado a dormire ripasso i diversi incontri e ringrazio per tanta ricchezza umana.

Quando stamattina sono uscito, il cielo non prometteva pioggia. Non era nemmeno freddo, malgrado fossero da poco passate le sette. Ci eravamo dati appuntamento in una via centrale da dove parte la Fancigena con Marco Alfieri e suo fratello Alessandro.

Marco vive a Pavia da alcuni anni. Dopo una lunga esperienza nella carta stampata con il Riformista, Il Sole 24ore e La Stampa, era andato a dirigere L’Inkiesta. Da lì poi ad altre collaborazioni tra cui, la principale, con Eni.
Marco è un bravo giornalista e narratore di storie.

Ho accettato questo nuovo lavoro perché ho la possibilità di raccontare cose molto interessanti. Sono appena tornato dalla piattaforma sul mare di Bering in Norvegia. Una esperienza notevole perché puoi toccare con mano il livello tecnologico che è capace di esprimere l’Italia”.

Con Marco e suo fratello facciamo oltre dodici chilometri di strada insieme da Pavia fin quasi Belgioioso. Parliamo molto dello stato dell’informazione e anche di Pavia. “È una bella città ma è un po’ chiusa e con tratti decadenti. L’Università non riesce ad esser parte della vita sociale e culturale”.

Anche lui è curioso di conoscere un po’ meglio la storia della via Francigena e di percorrerne un pezzo insieme.

Con Alessandro, consigliere regionale e segretario regionale del Partito Democratico, mi lega un’amicizia di vecchia data. Alterno pezzi di strada a chiacchierare anche con lui. Sono curioso della scansione dei tempi di lavoro di un politico così impegnato. “Le giornate sono molto lunghe perché all’impegno in regione si aggiunge quello politico e così le sere sono sempre in giro”.

Parliamo delle opportunità turistiche che può offrire la Lombardia e di quello che potrebbe rappresentare un progetto come la via Francigena. Tocchiamo anche temi di forte attualità come quello del sindaco di Mortara che ho appena incontrato e che ha negato il campo da gioco ad alcuni ragazzi rifugiati.
Colpisce come poi si sia trovata una soluzione proprio a Pavia, dove la società oggi è completamente in mano ai cinesi.

Dopo un paio d’ore di cammino le nostre conversazioni vengono interrotte da un acquazzone violentissimo. Una pioggia a vento che ci bagna completamente e che ci coglie in una zona dove non ci si può proteggere in alcun modo. Dopo mezz’ora in queste condizioni, troviamo finalmente ricovero sotto una tettoia. Loro decidono di tornare a Pavia grazie a un passaggio in auto. Noi aspettiamo che la pioggia rallenti e poi proseguiamo.

La strada dopo Belgioioso entra nella campagna e riusciamo a percorrere i 12 chilometri che mancano senza prendere ancora acqua. Un bello spavento quando troviamo la strada sbarrata che porta al ponte sull’Olona.

Per fortuna riusciamo a passare lo stesso, Altrimenti saremmo dovuti tornare indietro di qualche chilometro e francamente non ci avrebbe fatto per nulla piacere.

Camminare in due è molto diverso. Con Renzo si è parlato tutto il tempo e così la strada è passata molto più in fretta. È anche vero però che questo non permette di restare con i propri pensieri e le proprie riflessioni.

È uno dei quesiti classici di chi fa i cammini: è meglio farli da soli o in compagnia? Io sono in una fase in cui apprezzo molto il procedere da solo. Mi consente di pensare, ascoltarmi, dare un mio ritmo ala giornata. E in più di aprirmi completante agli incontri con altri. In due tutto questo si limita molto.

D’altra parte però aiuta nel percorrere le distanze condividendo chiacchierate e poi gli altri momenti della giornata. Insomma, non c’è una vera risposta. Sta a ognuno di noi ritrovare qual è la dimensione migliore da vivere in quel momento.

Al di là delle condizioni meteo, oggi è stata una tappa meno bella di quelle passate. Molto asfalto e bei paesaggi solo nel tratto finale. Anche la meta non presenta particolari interessi se non un museo contadino che è aperto solo nei giorni finali della settimana.

Stanotte dormiremo in alcuni locali dell’oratorio. E proprio lì dopo di noi arrivano Monique e Susan con cui mi ero incontrato a Mortara. Anche per loro una giornata pesante. L’ampio salone è pieno della nostra biancheria stesa e degli scarponi messi ad asciugare. La speranza è che bastino queste poche ore, fino a domattina, a rimettere in sesto tutto.

Domani sarà una tappa facile di diciassette chilometri che ci porterà fino a Orio Litta.


Il diario delle tappe lo potete leggere qui oppure quello dalla Cisa a Roma scaricare da Amazon.

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Pubblicato il 23 Settembre 2015
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