Il giusto linguaggio della natura
Danilo Selvaggi, direttore generale della Lipu interviene sul dibattito comunicativo attorno a natura e ambiente di cui si parlerà nell’evento “Biodiversi-ché?” nell’ambito di Glocalnews
Danilo Selvaggi è Direttore generale della Lipu. Ha iniziato a collaborare con l’Associazione quasi 20 anni fa, dopo un breve periodo da volontario; in pochi anni è arrivato a ricoprire la carica di responsabile dei Rapporti istituzionali, per poi diventare, nel 2012, appunto, Direttore generale.
Esperto di comunicazione, studioso di filosofia e di storia del movimento ambientalista, protagonista di battaglie in Parlamento a favore della natura, Selvaggi sarà moderatore del dibattito Biodiversi-ché? Comunicare l’ambiente nell’era dell’iper-informazione che si svolgerà a Varese nell’ambito di Glocalnews venerdì 20 novembre (Salone Estense, sede Comune di Varese in via Sacco 5, dalle 16 alle 18).
In vista dell’appuntamento, gli abbiamo rivolto alcune domande.
Dottor Selvaggi, la Lipu è una delle associazioni ambientaliste più importanti a livello nazionale ed europeo. Dopo 50 anni di attività, qual è il risultato più significativo che avete ottenuto a favore della natura?
«I risultati di rilievo sono davvero tanti e specifici, dalle battaglie contro l’uccellagione alla designazione e tutela delle Zone di protezione speciale, le cosiddette Zps, cioè i siti della Rete Natura 2000 protetti dall’Unione europea per la conservazione degli uccelli selvatici. Più in generale, io dico che il grande merito della Lipu è quello di aver promosso, attraverso la conoscenza, la bellezza e la magia degli uccelli selvatici, un’idea di natura come valore prioritario, di cui non possiamo fare a meno. E’ un processo ancora in corso, ma i passi avanti, in questi decenni, sono stati enormi».
Negli ultimi tempi abbiamo assistito a una rivoluzione nel mondo dell’informazione. Oggi con l’affermarsi prepotente dei social network la tendenza al cambiamento pare ulteriormente accelerare. Come si fa, in questo contesto di velocità e iper-informazione, a dare visibilità ai temi relativi alla tutela della natura?
«E’ una sfida molto complicata ma dalla quale non possiamo sottrarci. I nuovi media hanno una potenza straordinaria, una capacità senza precedenti di coinvolgere e fare numero. Al tempo stesso, schiacciano la notizia, spesso la banalizzano e la violentano, rendendola deperibile, con il rischio che tutto finisce con l’assomigliare a tutto, e l’impegno richiesto alla gente è solo quello di un tweet, di un mi piace. Riuscire ad usare la potenza dei nuovi media salvando la qualità e la profondità delle cose da comunicare è il Santo Graal della comunicazione, e lo è ancora di più per l’ambientalismo, che di comunicazione ha assoluto bisogno. Noi ci proviamo, raccontando storie, cercando un discorso più profondo, con un approccio che, in questi ultimi tempi, sta dando ottimi risultati».
Oggi conservazione della biodiversità, reti ecologiche e cambiamenti climatici appaiono profondamente legati. E’ possibile secondo Lei fare informazione al grande pubblico su temi così complessi?
«Credo proprio di sì, e la chiave è quella, duplice, di trovare il giusto linguaggio, che sia coinvolgente, attraente, e di puntare al recupero del senso delle cose, del significato di ciò che comunichiamo. Perché una rete ecologica è importante? Perché la frammentazione degli habitat è importante? Sono solo temi oscuri da scienziati o è qualcosa che, pur complesso, riguarda la nostra vita quotidiana, il nostro benessere, la possibilità di essere più sani e felici, in un mondo trattato meglio? Nell’incontro di Varese parleremo proprio di questo, e sono certo che i nostri ospiti sapranno dirci le cose giuste».
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