Su quel treno verso Expo Milano 2015

Diario di viaggio del giornalista e blogger Rosario Pipolo durante il semestre dell'Esposizione Universale

Rosario Pipolo

La stazione dei treni di Rho Fiera è semivuota. Mi guardo intorno con la speranza vana di rincontrare Giovanna, l’anziana signora di Varese che a fine settembre mi scambiò per un volontario e mi chiese di guidarla all’entrata di Expo 2015. Io glielo feci credere e, a passo lento, la portai ai tornelli tenendola sottobraccio. Provai lo stesso misto d’orgoglio di quando mi facevo accompagnare a teatro da nonna Lucia per l’intervista di mezzanotte.

In questi sei mesi dell’Esposizione Universale ho percorso più di 8.000 chilometri sulla linea ferroviaria Varese-Rho Fiera. Chissà quanti lettori avranno pensato che noi giornalisti saremmo stati colti soltanto dalla frenesia di raccontare i Padiglioni, distaccati con legittimazione dal folclore del luna park e custodi del valore aggiunto di una riflessione sul cibo e sulla nutrizione. Piuttosto è stato mettermi in viaggio con tanti di voi, persino sul treno: dalla combriccola studentesca di Arona capeggiata da Martina alla famiglia del lago d’Orta, che mi ha raccontato per filo e per segno tutto la pianificazione per vedere quanto più possibile. Altre storie da appuntare viaggiavano sul treno serale del ritorno, come l’incontro casuale con il mio collega Marco Giovannelli, direttore di VareseNews, o le storie romantiche ripassate sul viso di Fiorenza, dal cuore serigrafato a metà tra Genova e Faber, pronta al turno di notte da medico nella corsia di un ospedale.

Il mio Expo 2015 l’ho vissuto in un percorso condiviso che mi ha fatto preferire in assoluto il Padiglione Zero, Giappone, Corea, Messico, Germania, Kazakistan, Brasile, Angola,Svizzera, Emirati Arabi, Kuwait, Colombia, Olanda, Thailandia, Polonia. Lungo il Decumano e mettendomi in fila mi ha colpito l’entusiasmo di tanti che, nonostante le attese disumane degli ultimi mesi, hanno colto la radice piantata da Expo 2015.

Ho viaggiato con l’expottimista milanese Rina; le liceali Lucrezia e Francesca che si spartivano un’amicizia lunga da Piacenza a Salerno; Giuditta e sua mamma Elena; Silvano e Barbara di Porto Azzurro venuti con la voglia di raccogliere una profonda riflessione e la figlia Giulia, nei cui meravigliosi occhi chiari ho rivisto riflesso il mare dell’Elba e una scena portata come refurtiva dall’isola: Emilia che teneva per mano l’anziano papà e se ne prendeva meravigliosamente cura.

Ogni pretesto era buono per attaccare bottone, anche in piedi a mangiare una pizza, sperando che qualcuno ti invitasse a sedere, proprio come hanno fatto Luana e sua sorella Alessia. E’ nato così un bel confronto con generazioni più giovani, che vivono a pieno la ricchezza del multietnico, piantonato anche in ogni angolo di Expo 2015.

C’è un backstage vissuto in questi sei mesi dell’Esposizione Universale che mi ha convinto di una cosa: il successo è stato merito di tutti i volontari e persone che hanno lavorato qui, dai pizzaioli Vincenzo e Andrea al gelataio di origine peruviana Jonny; dalla musicista irlandese Sile ad Andrea, ingegnere del Politecnico, folgorato da questa esperienza. Mentre ero alla cerimonia di chiusura sotto la cascata dei fuochi pirotecnici, ripensavo alla parole del Presidente Mattarella: “L’Italia quando è unita sa dare davvero il meglio di sé” in netto contrasto con quelle dei versi della canzone di De Gregori “Viva l’Italia metà giardino, metà galera”, che si erano librate sull’Open Theater la settimana prima.

In questi sei mesi ho viaggiato anche con lo chef  Rodrigo Fernandez che, attraverso la sua cucina e lontano dai riflettori del food stellato in tv, mi ha fatto conoscere da vicino l’Uruguay. Ed è proprio in questo padiglione che ho trascorso le ultime ore del 31 ottobre, prima che la mezzanotte si portasse via Expo 2015, tra i sorrisi di Alessio, Thomas, Edoardo, Natalia e le lacrime dietro gli occhiali appannati di Claudia.

E adesso come faremo senza lo show illuminato e poetico dell’albero della vita? Guardare imbambolati grandi, piccini, anziani, innamorati di fronte al simbolo di Expo 2015, ci ha catapultati nella scena del film “Incontri ravvicinati del Terzo Tipo” di Spielberg, sulla linea dello stupore che restituisce umanità a tutto questo.

La stazione dei treni di Rho Fiera è semivuota. Mi guardo intorno con la speranza vana di rincontrare tutti coloro che mi hanno accompagnato in questo viaggio. Grazie per aver fatto di un giornalista l’ambasciatore di una gran bella avventura, in cui storie e persone restano l’ingrediente dimenticato per nutrire la quotidianità, la nostra, ancora ammalata di distrazione.

Rosario Pipolo*

www.rosariopipolo.it

*Nel secondo weekend di Expo2015 con il suo live tweet  @rosariopipolo è stato tra i Top  40 autori più citati su Twitter e tra i Top 35 più retwittati all’Esposizione Universale. (fonte: Blogmeter)

di
Pubblicato il 04 Novembre 2015
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