“Mi hanno liberata dallo stalker. Ora spero resti in galera”
Parla la donna a cui l'ex compagno ha incendiato l'auto parcheggiata dove lavora. "Anni di violenza e persecuzione, la polizia locale di Azzate finalmente mi ha creduto ed aiutato"
“Se non fossero arrivati loro, gli agenti della polizia municipale di Azzate, non so che cosa avrei fatto. Forse mi sarei tolta la vita”. Parole dette con un filo di voce che fanno intuire una stanchezza accumulata in anni di soprusi e violenze.
Lei è G.M. la donna di 47 a cui l’ex compagno ha bruciato la macchina, una Toyota Yaris parcheggiata a Bodio Lomnago, nei pressi della cooperativa dove lavora. L’incendio è stato l’ultimo di una serie di episodi di vera e propria persecuzione, ma anche quello che ha permesso di incastrare lo stalker.
“Avevo denunciato più volte quello che mi stava accadendo – racconta la donna, di origine albanese che fino a prima delle violenze viveva a Vedano Olona – ma siccome non si riusciva a mettere in relazione gli strani episodi di vandalismo e minacce, con il mio ex compagno, nessuno faceva niente. Non c’erano prove ma io sapevo che il colpevole era lui. Mi ha bruciato la porta di casa, mi minacciava al telefono. Siamo stati insieme molti anni, ma poi lui ha preso una brutta strada e io l’ho lasciato. Ma non ha mai accettato questa cosa”.
L’uomo arrestato dai carabinieri ha 53 anni ed è residente a Busto Arsizio: ad incastrarlo il fotogramma di un video ripreso dalla telecamera di sorveglianza installata dal benzinaio da cui aveva comprato un litro di benzina, dicendo di essere rimasto a piedi con il motorino.
“Sapevo che era stato lui a dar fuoco alla mia macchina – dice la donna – ma se non fosse passata l’auto della polizia locale di Azzate che ha capito che avevo davvero bisogno di aiuto, forse sarebbe finita come le altre volte. Certo, poi sono intervenuti i carabinieri e c’è stato l’arresto, ma solo perché finalmente si è deciso di andare in fondo alla questione. Gli agenti di Azzate hanno creduto alle mie parole e finalmente mi sono sentita protetta, capita. Adesso spero resti in galera, perché ho tanta paura, non posso vivere così”.
Per il momento il suo persecutore rimarrà in galera. Il giudice per le indagini preliminari ha confermato la misura cautelare in carcere per il 53enne che, per un po’ di tempo non potrà creare più problemi alla vittima.
Ad aggiungere dramma a quella che già di per sé è una storia tragica è il fatto che la donna è la madre del giovane albanese ucciso a dicembre, Ermal Abdushi colpito al volto da un colpo di pistola.
Lunedì 25 aprile gli amici del calcetto giocheranno per lui un torneo.
“Nemmeno questo ha fermato il mio ex compagno – dice con la voce rotta – Anzi, ha usato questa tragedia per farmi ancora più del male. Spero non lo rilascino. O non so dove dovrò nascondermi”.
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