Una tappa piena di sorprese (e paesaggi)

Continua il viaggio in bicicletta del varesino Marco Zanini, ecco la tappa numero 15

15esima tappa, di Marco Zanini

Continua il viaggio in bicicletta del varesino Marco Zanini, ecco la tappa numero 15.

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In bici in Ungheria, tappa 15 4 di 8

Duga Resa>Krk 139km △2046m
Oggi tappa veramente hardcore.

L’inizio parte blando: una settantina di chilometri tutti in salita per attraversare le Alpi dinariche. Ad ogni cresta, un’altra, un’altra e un’altra ancora. Speravo di vedere il mare, invece sempre montagne che non passano mai. E alla fine eccolo il mare, o meglio, lo svincolo autostradale enorme e le raffinerie di Fiume. Qui in alto invece le foreste di conifere lasciano spazio a una montagna sempre più rocciosa, più brulla e anche il mio percorso lo diventa: esco dall’asfalto.

Quasi mi stavo annoiando di queste 5 ore di asfalto e salita lieve lieve ma che non passa mai. Lo sterrato croato però è un delirio. Questa tappa che doveva essere di solo asfalto diventa la tappa più avventurosa del mio viaggio.
Per scendere dall’ultima cresta avevo selezionato un percorso che “zoomando” meglio scopro essere solo un sentierino che dal vivo mi rendo conto essere un pure poco battuto. Ormai è tardi, ho già percorso un paio di chilometri in discesa (fattibili) chiedendomi “ma dove sto andando? ma sarà un sentiero?”. Voglio fidarmi di OSM (open street map) la wikipedia delle mappe dove gli utenti disegnano, e vado.
Ad un certo punto il sentiero finisce, ma la mappa segna qualcosa e mi avventuro. La strategia diventa questa: lascio la bici, percorro qualche metro, mi rendo conto che sia fattibile, ritorno indietro, riprendo la bici che, in pratica, diventa il mio machete per oltrepassare arbusti e sterpaglie. Dopo un paio di ostacoli del genere e sentendomi molto Indiana Jones, (ormai odoro di sottobosco istriano a furia di essere trafitto da spine) ritorna il sentiero estremamente pendente che mi riporta alla civiltà. Ne è valsa la pena anche se ho rischiato: non avrei visto scorci spettacolari verso l’antropizzata Rijeka.

Passo in bici il ponte per accedere all’isola di Krk che è un’esperienza: sembra di entrare in autostrada, con il casello e tutto quanto, ma poi la casellante mi dice di andare che la bici non paga (e mi gaso). L’isola è brulla, solo una strada, calette, supermercati e casette (o forse seconde casette). Mi fermo in un posto mistico: l’abbandonato e dilapidato hotel casino Holudovo, costruito negli anni 70 nella ex Jugoslavia di Tito. http://yomadic.com/haludovo-hotel-palace/.
Dopo essermi perso in questa meravigliosa opera architettonica di vetro (ormai tutto per terra rotto) e cemento mi dirigo verso Krk. Molto bella con i suoi pavimenti lisci di pietra bianca dove si scivola che sembra di pattinare. Mi metto a scrivere all’ombra, sotto il castello, coi piedi nel mare…

Ps: Non ho ancora fatto un bagno (tranne alle terme). Non vorrei rovinare la mia perfetta abbronzatura da ciclista. Sembro Froome nei momenti peggiori.

TUTTO IL RACCONTO DI MARCO ZANINI 

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Pubblicato il 31 Agosto 2017
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