C’erano 4 capelli sul corpo di Lidia. E non sono di Binda
Discussa in aula la perizia di Cristina Cattaneo e del suo collegio di periti. Una traccia esiste, ma è favorevole alla difesa

Emerge un nuovo sospetto sulla morte di Lidia Macchi, i periti incaricati dal gip di analizzare i resti riesumati hanno trovato 4 formazioni pilifere, in zona pubica, che sono attributi alla stessa persona, presumibilmente maschio, ma che non è Stefano Binda. I peli o più probabilmente capelli (data la lunghezza), aggrovigliati in quella posizione, con alta probabilità erano in quel punto per effetto di un rapporto sessuale consumato poco prima di essere uccisa dalla vittima. Sono gli unici, sui 6mila isolati e divisi in cinque gruppi dai periti, che non sono riconducibili né alla vittima e né a un familiare della ragazza uccisa. Sono di un soggetto terzo.
E’ la novità emersa oggi, martedì 9 gennaio, nell’aula gip del tribunale di Varese, dove i quattro periti hanno esposto i risultati della relazione. L’analisi è stata effettuata dall’anatomopatologa forense Cristina Cattaneo, dal colonnello del Ris di Parma Giampietro Lago, dal maggiore del Ris Alberto Marino e dalla professoressa Elena Pilli, del dipartimento di biologia evoluzionistica dell’università di Firenze.
Secondo le parti la perizia sarebbe un “unicum” nel panorama forense, su un cadavere riesumato dopo 30 anni. Il vestito con cui era stata avvolta la salma, un abito da sposa, ha protetto dal tempo i reperti.
Secondo i periti la ragazza sarebbe stata uccisa in un lasso di tempo compreso tra 30 minuti e 3 ore dalla fine del rapporto sessuale. Ora i periti dovranno replicare le loro conclusioni, esposte davanti al Gip nell’incidente probatorio, davanti ala corte d’assise, la prossima udienza.
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