Vivere meglio senza consumare di più
Francesco Gesualdi è stato protagonista di un incontro in cui si sono affrontati temi legati alla società del benessere comune
Il cambiamento sociale e la rivoluzione personale sono fortemente legate.
Francesco Gesualdi del “Nuovo centro di sviluppo” è stato protagonista dell’incontro organizzato dal Comitato per i bambini di Chernobyl nel salone Estense.
Malgrado un orario particolare, la sala era piena di persone per ascoltare l’ex alunno della scuola di Barbiana. Un segno evidente del bisogno di scoprire un nuovo modo di vivere partendo dalle proprie scelte.
«Una grande tragedia dei nostri tempi è il fatto che la politica non abbia più visioni e si preoccupi solo della contingenza».
Gesualdi ha parlato di temi per lui centrali e del nuovo centro di sviluppo che è nato dal basso da un gruppo di famiglie con un obiettivo modesto: vivere la vita nel modo migliore possibile.
«Nel tempo – racconta Gesualdi – abbiamo creato anche uno spazio dove approfondire alcune realtà. La prima ricerca è sull’impoverimento. Nel tempo della maggiore ricchezza a livello mondiale è un gravissimo scandalo che a tanti siano preclusi diritti basilari. Siamo convinti che conoscere è anche un dovere affinché cambino le cose. Il problema sta in alcune regole dell’economia e per questo ci siamo uniti a tanti movimenti. Dobbiamo rimettere in discussione anche il nostro modello perché oggi le questioni ambientali sono fondamentali perché negli ultimi due secoli abbiamo messo a soqquadro la terra. L’acqua è l’elemento fondamentale non solo per la nostra vita, ma per l’agricoltura e i processi industriali. Questa è una spia per capire dove siamo arrivati rispetto alle risorse naturali. Stiamo consumando oltre le capacità naturali del pianeta. La prima convinzione che dobbiamo assumere non è quello di rinunciare a qualcosa, ma è quella della sobrietà partendo dalla capacità di scegliere. È un gesto di sovranità che ci fa chiedere se abbiamo bisogno di quell’oggetto oppure è la pubblicità a condizionare le nostre scelte. Un altro modo di agire è quello della condivisione. Dal trasporto al trapano sono attività che possono esser gestite insieme senza bisogno del possesso. La share economy nasce da qui. Peccato che poi ci sono i soliti avvoltoi che se ne impossessano spesso».
Gesualdi è poi passato a trattare del rapporto tra tempo di lavoro e lavoro.
«Lavoriamo sempre di più per consumare e ci viene detto ogni giorno che la crescita è legata ai consumi e grazie a questi si creeranno posti di lavoro. Lo stesso vale per la fiscalità che mantiene un sistema. Siamo però in una empasse perché una continua crescita produce squilibri ambientali. Da qui nasce la domanda fondamentale su quale via scegliere. Non c’è una ricetta precostituita ed è un grande peccato che nessun partito abbia messo al centro questo tema. Occorre un confronto continuo per trovare soluzioni. Ci sono tre questioni: il primo riguarda il senso del lavoro. Dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione che parta dal soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Dovremmo lavorare di meno per tessere relazioni. Al centro dell’economia vanno le persone con la salute al primo posto. Questo garantirebbe l’autonomia di ognuno per lo più senza bisogno di avere molto denaro. In questo sistema tutta l’attività svolta senza salario non viene considerata».
L’economia pubblica e la comunità sono gli altri aspetti centrali.
«Tutto parte dai bisogni – continua Gesualdi – e quelli fondamentali sono connessi ai diritti. Vanno garantiti a tutti. Sono solo una decina e non devono esser legati al mercato. Questi appartengono alla comunità i desideri lasciamoli pure al mercato. L’economia pubblica deve essere centrale per garantire i diritti fondamentali. Dobbiamo trovare altre forme di partecipazione dei cittadini al bene comune. Un primo punto è il tempo. Questo permetterebbe di rompere la dipendenza dalla crescita».
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