Senza lavoro e protezione, il dramma dei profughi che lavoravano per Kb
Per accettare il lavoro hanno dovuto rinunciare alla protezione ma ora che i centri chiudono rischiano di trovarsi senza un tetto, protezione e lavoro. E a rischio ci sono anche i dipendenti diretti dell'azienda

Hanno lavorato anche oggi, assistendo e traducendo per i richiedenti asilo che aspettavano il trasferimento dal centro di via dei Mille. Ma loro su quei pullman non sono saliti. Sono i richiedenti asilo che lavoravano per la Kb e per i quali la chiusura dei centri di accoglienza equivale all’inizio di un incubo.
A Busto sono una dozzina ma in tutti i centri della Kb si contano una cinquantina di persone in questa situazione. Il problema nasce dal fatto che questi richiedenti asilo per accettare il lavoro hanno dovuto rinunciare al programma di protezione dello Stato. Quindi, in attesa della conclusione del loro iter di asilo, lavoravano per la Kb risiedendo e vivendo nel centro di accoglienza come semplici “inquilini“. E ora che il centro chiude rischiano di trovarsi senza un tetto, senza protezione e senza lavoro. Una beffa per questi ragazzi che si erano dati da fare -smettendo di pesare sulle spalle dei contribuenti- e che spesso erano stati fondamentali nelle mediazioni durante le proteste e le occupazioni dei centri.
E questo limbo non si sa come finirà. Per ora sembra esserci la disponibilità della Kb di consentire a questi ragazzi di rimanere fino al 31 marzo all’interno della struttura di via dei Mille, ma poi dovranno andarsene. Dove nessuno lo sa.
Ma a fine mese anche altre persone potrebbero perdere il loro lavoro, gli altri dipendenti della Kb. In via dei Mille anche oggi si sono presentati «e nonostante tutto quello che si dice sulla Kb anche questa mattina abbiamo fatto il nostro lavoro, consegnando ai richiedenti asilo il loro pocket money e tutto quello che spettava loro», spiega Loredana Canò, la responsabile personale e contabilità dell’azienda. Ma la preoccupazione è tutta rivolta al domani: «oggi chiudiamo il centro e non sappiamo quello che succederà. Abbiamo chiesto anche un incontro in Prefettura, ma nessuno ci ha mai risposto».
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