La biblioteca che parla dialetto

Oltre cinquemila volumi animano il piccolo paese che sta diventando la capitale del vernacolo locale

La “drughiera*”? Non vendeva la droga, piuttosto spacciava chiodi di garofano. L’uroch? Non è l’orco, ma il gufo. E il rughetè? Beh, quello è il lenone – il “pappone” – l’uomo che butta sulla strada una donna per sfruttarla.

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La vita, e le sue lezioni, si imparano in biblioteca, con nomi che è bello conoscere per nuovi, e ancora più bello apprendere che da queste parti sono sempre esistiti, da secoli, per raccontare e scrivere, ma soprattutto parlare una lingua che si vuole proteggere e conservare attraverso il coinvolgimento delle nuove generazioni.

Tutto in una struttura pubblica, tutto a portata di mano, tanto che qui in montagna, a Orino arrivano anche i laghè, come il caso di Pietro Papa, 72 anni portati spavaldamente che non esita a indossare le vesti della tradizione bosina e cantare in vernacolo assieme al gruppo “Sèm chi inscì”, che insieme agli “Scusarit” di Binago, nel Comasco, suonano e cantano accompagnati da un grande della canzone dialettale milanese, l’ultimo dei Gufi, Roberto Brivio.

Oppure Gregorio Cerini, autore di una miriade di testi che il mercoledì si trova assieme a tanti orinesi (lui è originario dell’altro versante della Valle, Arcumeggia) per parlare dialetto. Ed è un piacere ascoltarli, assieme ad uno degli animatori dell’intera valle, Giorgio Roncari.

I pomeriggi sono un pretesto per mettere nero su bianco storie del passato che altrimenti andrebbero distrutte: la Pasqua e il Natale (e giù disquisizioni su quando suonavano le campane, sugli orari delle lavande dei piedi, sulle messe…), il militare, i personaggi del paese e i vecchi mestieri: tutti scritti con traduzione a fronte.

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Il sindaco di Orino, Cesare Moia, anche lui presente agli incontri non ha dubbi, che questa sia la strada giusta per dare un po’ di vita al paese, vita che passa dalla cultura: è pronto uno spazio che accoglierà i 200 e passa libri di dialetto – e non solo lombardo – e tra pochi giorni arriveranno in paese anche testi “scientifici” dalla Svizzera, dove lemmi e modi di dire sono racchiusi in tomi dal centro di dialettologia di Bellinzona.

La biblioteca di Orino a ben vedere è un posto dove si parla il dialetto, ma dove è gradita, e molto, la letteratura in senso lato.

Una delle fondatrici della biblioteca, la signora Maria Teresa Vignati parla di testi di letteratura americana, francese, spagnola e tedesca raccolti in armadi che corrono lungo un corridoio luminoso all’interno del centro culturale dedicato ad un religioso dalla vita avventurosa, don Pino Moia, da tutti qui in paese conosciuto come Padre Pino, scomparso anni fa.

Ora la nuova vita della biblioteca di Orino viene gestita dalla vice sindaca Raffaella Meroni, che è la responsabile di questo spazio dove si possono trovare anche vere e proprie chicche come un atlante originale che nelle carte di guardia contiene la dedica a S.E. Cav. B.Mussolini…

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A corollario dell’ambiente un bel gruppo di signore che si danno appuntamento all’orario del tè, mentre gli uomini se la raccontano (a dire il vero nel gruppo del dialetto sedeva, nell’ultimo incontro, anche la signora Gabriella Piotto di Azzio, premiata di recente per un libro di poesie dialettali)

QUALCHE NUMERO SULLA BIBLIOTECA DI ORINO

Ci sono oltre 5000 volumi che rientrano nel sistema bibliotecario dei Laghi: si prestano e vengono prestati volumi da altre strutture della provincia.

Ci sono più di 250 prestiti annui e le specificità, oltre al dialetto e alla letteratura straniera, sono anche i testi per bambini e ragazzi.

Orari: il mercoledì dalle 15 alle 17. Il primo e il terzo sabato del mese dalle 9 alle 11.

*Per i puristi dell’argomento, nel dialetto milanese, il droghiere si chiama fundeghè, e quanto riportato è la cronaca di quanto ascoltato sul posto.

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Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Aprile 2018
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