Una vita da dislessico: dopo la scuola, le difficoltà rimangono

La Settimana della Dislessia è dedicata ad adolescenti e adulti, categorie ancora poco tutelate. La presidente di AID Varese Munaretto fa il punto di una situazione ancora delicata

dislessia

Anche alle superiori, all’università o al momento dell’esame per prendere la patente. Chi ha un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) non “guarisce” con la fine della scuola elementare.

È questo il tema al centro dell’edizione 2018 della Settimana Nazionale della Dislessia: «È la nostra nuova sfida – spiega la presidente della sezione varesina AID (associazione Italiana Dislessia) Giuliana Munaretto – ne parleranno alcuni esperti sabato 6 ottobre 2018 dalle ore 9:00 nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Aldo Moro, Viale Santuario 13, Saronno»

”DSA in adolescenza e età adulta: istruzioni per l’uso” è il titolo dell’incontro, a ingresso gratuito , che vedrà tra i relatori Cristiano Termine, professore associato di neuropsichiatria infantile, Università dell’Insubria; Francesca Zappa, Referente servizi per gli studenti con disabilità e DSA, Ufficio Orientamento e placement, Università dell’Insubria; Michele Mastrosimone, istruttore di guida presso la questura di Genova; Susanna Marchisi, Vicepresidente FID – Fondazione Italiana Dislessia.

A otto anni dall’approvazione della legge sulla dislessia, la situazione nelle aule è ancora delicata: « Molto si deve alla buona volontà dei docenti e dei dirigenti – spiega la presidente varesina Munaretto – Questa legge non prevede sanzioni per cui viene applicata solo ce c’è la volontà. E, alcune volte, docenti di lungo corso, con una didattica impostata negli anni, non sono disposti a modificare il loro modo di insegnare».

Il ciclo dove sono stati fatti i progressi maggiori è quello primario: non solo perchè l’attenzione è più alta con campagne di diagnosi precoce sin dalle scuole dell’infanzia, ma anche perché sono gli “anni d’oro”, in cui si imparano le regole dello studio e, per i ragazzi dislessici, è fondamentale adottare il proprio metodo: « Il disturbo non è un salvacondotto per non studiare più – sottolinea la presidente – i ragazzi si impegnano tanto quanto gli altri, solo devono avere accorgimenti e sistemi personali. Di certo, i modelli di apprendimenti puntano diritto al cuore del problema e creano le correlazioni con le altre materie. Possiamo anche dire che la didattica “inclusiva” porta persino vantaggi a tutti gli studenti».

Questi sistemi di didattica inclusiva cominciano a dare risultati concreti anche a livello di assistenza sanitaria: « Con le diagnosi precoci e l’introduzione di sistemi di insegnamento specifici si supera la necessità della certificazione, con beneficio delle lunghissime liste d’attesa ( sino a due anni) che i servizi sul territorio registrano. Bastano davvero piccole attenzioni: eppure nel corso universitario di Scienze della Formazione, di questi temi non si parla o se ne parla pochissimo».

Il piano della Scuola digitale va certamente nella direzione giusta: « Gli alunni con la dislessia sono avvantaggiati dai sistemi della “classe rovesciata” o dai programmi informatici. Ma rimane il problema dei fondi: ce ne vogliono di più per la formazione di docenti che, a volte, fanno davvero i salti mortali tra tutti gli obblighi e le incombenze che gravano sulle loro spalle. Ritengo che l’anello più debole del percorso formativo sia quello delle medie: il triennio è il più delicato anche per la stessa natura degli studenti».

Come studiare è il tema parallelo a quello del “come apprendere”. Ogni studente deve trovare il proprio ma esistono centri che aiutano a individuare i modelli: « Nella nostra sezione aiutiamo i ragazzi fornendo gratuitamente un programma semplice, scaricabile, con cui iniziare a sperimentare.  Siamo a disposizione nel fornire aiuto e supporto nel nostro centro di Varese varese.aiditalia.org. Per info varese@aiditalia.org

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Pubblicato il 03 Ottobre 2018
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