La sabbia del Sahara sta sciogliendo le nevi alpine
Un fenomeno che sta rischiando di influenzare la disponibilità idrica in pianura perché come tutti gli oggetti più scuri, anche la neve resa rossa dalla sabbia si scalda più velocemente
Fermare l’invasione africana. No, politica e immigrazione non c’entrano nulla. Anzi, questo fenomeno è ancora meno governabile. Sì, perché la questione riguarda la sabbia del deserto del Sahara che finisce sulle nevi alpine, facendole sciogliere più rapidamente. E rischiando di influenzare la disponibilità idrica in pianura.
Questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista “The Cryosphere” e condotto da un team di ricercatori guidati da Biagio Di Mauro del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca. Uno studio che ha coinvolto anche Arpa Valle d’Aosta, l’Istituto nazionale di fisica nucleare a alcuni ricercatori francesi e tedeschi.
In buona sostanza, la ricerca ha mostrato come le nevi alpine si sciolgano più rapidamente a causa della sabbia in arrivo dal Sahara. Lo studio è partito dall’elaborazione di un modello numerico che ha permesso di simulare la dinamica di scioglimento della neve in assenza di depositi di sabbia. Le misurazioni sul campo hanno quindi permesso di misurare l’impatto di queste ultime sulle dinamiche nivali.
Le verifiche sono state effettuate in un sito posto a 2.160 metri di quota sulle montagne della Valle d’Aosta. E il risultato è che in anni di intense deposizioni sahariane, come il 2015 ed il 2016, le polveri hanno anticipato la scomparsa della neve di circa un mese. In altre parole, hanno ridotto di un quinto la stagione nivale. Questo perché le sabbie del Sahara, ogni anno da quest’area si alzano in atmosfera qualcosa come 700 milioni di tonnellate di polveri, diminuiscono l’albedo delle aree coperte da neve o ghiaccio.
Ovvero la loro capacità di riflettere la luce solare. Come tutti gli oggetti più scuri, anche la neve resa rossa dalla sabbia si scalda più velocemente. E, di conseguenza, si scioglie più in fretta. La questione va oltre le possibili implicazioni per l’industria del turismo invernale. In un quadro di cambiamento climatico, si legge in una nota diffusa dall’ateneo milanese, «la durata della copertura nevosa alpina viene minacciata dalla scarsità delle precipitazioni invernali e dalle alte temperature primaverili ed estive». Un quadro che i depositi di sabbia sahariana non fanno che peggiorare.
Il risultato è «un’importante variazione nel ciclo idrogeologico nelle valli alpine, nelle quali la disponibilità di acqua deriva proprio dalla fusione della neve stagionale».
Non solo. «Il fenomeno potrebbe essere anche più esteso e influenzare la disponibilità idrica in pianura». Tanto che, suggerisce lo studio, «annate caratterizzate da intense deposizioni di polvere sahariana potrebbero addirittura intensificare eventuali episodi di siccità estiva». Siccità estiva che rappresenta già oggi un problema, tanto che Regione Lombardia ha attivato un tavolo tecnico sul tema. Lo studio non menziona quest’ultimo aspetto, ma in montagna l’acqua serve anche per produrre l’energia elettrica che viene utilizzata pure in pianura. E questa potrebbe essere un’ulteriore complicazione legata all’”invasione” della sabbia africana.
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