Tumore al seno: a Varese il quarto centro lombardo

Dall'inizio dell'anno, la Breast Unit della Sette Laghi ha incrementato l'attività del 23%. Un approccio multidisciplinare per curare l'organo e proteggere la persona

breast unit francesca rovera

Sono 270 le donne operate per tumore alla mammella, dall’inizio di quest’anno, all’Ospedale di Circolo di Varese. 

L’anno scorso, nello stesso periodo, ne erano state operate 218: un incremento significativo, pari a circa il 23%, che per la fine dell’anno potrebbe portare a raggiungere quota 500. 

E’ il frutto della riorganizzazione all’interno della Breast Unit, che può ora contare su tre sedute operatorie alla settimana, oltre a sei sedute mensili di Day Surgery.

Numeri importanti, che confermano la Breast Unit varesina al quarto posto per numerosità di casi trattati in Lombardia, al primo posto tra quelle attive in Ospedali pubblici per far fronte ad una malattia in crescita, per la quale si registrano 750 nuovi casi ogni anno nella sola Provincia di Varese, 53mila in Italia.

«In degenza ordinaria operiamo i tumori maligni – spiega la Prof.ssa Francesca Rovera, responsabile della Breast Unit varesina – mentre in Day Surgery sia i maligni che i benigni a seconda del tipo di operazione. Ma anche per gli interventi maggiori, la degenza media da noi è di circa tre giorni, per rispondere il più possibile alle esigenze delle nostre pazienti di un rapido ritorno alla quotidianità familiare».

L’età media delle donne operate per tumore al seno, infatti, è sempre più bassa: a Varese il 7% ha meno di 40 anni, il 16% meno di 45.

«Sono donne giovani, spesso con bambini piccoli, – spiega Rovera – per le quali è importantissimo poter stare lontane da casa il meno possibile. Per rispondere al meglio a questa necessità, la nostra Breast Unit può contare su un team ambulatoriale ben strutturato che segue le pazienti dopo le dimissioni, con controlli e visite seriate, praticando medicazioni che avrebbero altrimenti allungato la degenza». 

Prima del ricovero viene eseguita la stadiazione della malattia, un termine tecnico che indica il quadro clinico complessivo di ogni singola paziente, in sinergia con la Radiologia e la Medicina Nucleare per l’esecuzione, in tempi rapidissimi, quando necessario, di esami sofisticati coma le PET e la PET TC.

Inoltre, sempre prima dell’intervento, alle donne in età fertile viene proposta la preservazione ovocitaria, in collaborazione con i ginecologi, con i quali la collaborazione si fa ancora più stretta nei casi di tumore riscontrati durante la gravidanza, in un percorso in cui vengono coinvolti anche i neonatologi.

Sempre in fase pre-intervento, grazie alla stretta collaborazione con le genetiste dell’Anatomia Patologica, a tutte le donne sotto i 45 anni e ad alcune pazienti di età superiore ma che presentino specifiche caratteristiche, vengono proposti la consulenza genetico-oncologica e il test genetico, per verificare la predisposizione ereditaria, un fattore che in alcuni casi può modificare il tipo di intervento chirurgico da eseguire. Inoltre, la fase preoperatoria comprende anche la valutazione da parte dell’équipe di chirurgia plastica, per valutare, qualora la donna lo desideri, la possibilità di un intervento ricostruttivo contestuale a quello di rimozione del tumore. 

«La complessità degli accertamenti eseguiti dimostra la multidisciplinarietà dell’approccio che precede l’intervento chirurgico – tiene ad aggiungere Rovera – e che poi lo segue. La gestione oncologica del tumore alla mammella è multidisciplinare e l’intervento chirurgico è seguito (talvolta anche preceduto) da terapie adiuvanti che devono essere decise collegialmente con i Radioterapisti e gli Oncologi, personalizzando il più possibile il trattamento così da “ritagliare” su ogni singola paziente quelle che sono le terapie che danno la maggiore protezione oncologica. Fondamentali nella gestione delle pazienti con neoplasia mammaria sono la riabilitazione fisiatrica e il supporto dello psicooncologo. In questo percorso preziosissimo è poi il contributo dei volontari, che aiutano la paziente a superare la tempesta che sta attraversando mediante tanti piccoli grandi gesti che la tengono ancorata alla sua quotidianità e alla sua femminilità». 

«La battaglia – conclude Rovera – non si vince mai da soli, ma sempre con un gioco di squadra ben organizzato che parte dal presupposto che il tumore alla mammella non sia una malattia locale, ma sistemica. L’intervento del chirurgo è solo una parte di questo percorso. Io curo l’organo, ma tutti insieme dobbiamo proteggere la persona».  

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Luglio 2019
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