Droga nei boschi: la valle ancora dorme quando ha inizio la partita
Un’alba di lavoro coi carabinieri della compagnia di Luino “cacciatori” di pusher: mimetica e armi pronte, il corpo a corpo con gli spacciatori
È un lavoro di squadra, come la caccia. Si esce ben prima dell’alba quando sulle macchine c’è ancora un dito di brina e la montagna è una forma scura che una volta arrivati in cima non si distingue dal lago. Anzi, non si distingue da niente.
Ci vuole pazienza, capacità di osservazione, «e al momento giusto li becchi», dice un militare in borghese col passamontagna calato sul volto non appena sceso dalla macchina.
I carabinieri controllano le dotazioni, partono leggeri e camminano di buon passo ma non si parla, non si ride, le uniche cose che illuminano gli ultimi minuti della notte sono luci lontane e il rosso delle sigarette accese e aspirate con la mano davanti al braciere.
«Adesso ve ne state qui tranquilli e quando abbiamo finito il lavoro torniamo a chiamarvi. E state in campana, perché è gente che si muove con la lama». Il brigadiere parla a ragion veduta: nelle ultime operazioni antidroga nei boschi qui in Valcuvia le armi le hanno trovate sul serio.
Per lo più coltellacci o machete ma anche fucili a pompa o vecchi schioppi da caccia che i pusher di rado utilizzano perché servono come deterrente da mostrare al momento giusto se il cliente fa storie o se un boscaiolo si avvicina troppo da disturbare i traffici di eroina e cocaina.
Un po’ come le Beretta portate nel fodero fuori dai pantaloni degli agenti del nucleo oprativo che sembrano De Niro appena uscito dal film Il cacciatore con mimetica, barba lunga e il cappello verde oliva. È davvero ancora mattino presto che le prime notizie cominciano a circolare: da sotto non si sente nulla, solo il latrato lontano di qualche cane e il vicino fiume ma il telefono dice che li hanno trovati, ci sono due persone fermate.
«Venite alla curva che vi accompagnano al bivacco». Dopo un quarto d’ora in discesa a piedi con una pendenza improponibile ecco i primi segni della presenza umana: qua e là bottiglie di plastica, poi sacchetti e una tenda piena di spazzatura, poi un giaciglio e un’altra tenda stavolta più grande che presenta i segni del disordine della perquisizione fatta al volo. Dentro ci sono medicinali, pentole, vestiti, coperte e sacchi pieni di immondizia e batterie per ricaricare i telefono.
Una ventina di metri più a valle ci cono due uomini ammanettati dietro alla schiena e seduti. Uno dei due piange e chiede una sigaretta (nella foto sopra).
«Dopo, adesso no», gli risponde il brigadiere, con lui un militare giovane in mimetica con un taglio in faccia: se l’è fatto durante l’inseguimento per rincorrere i due pusher che stavano dormendo all’aperto con molte coperte e senza calze. È la paura, lo spavento che li ha fatti scappare a piedi nudi nel bosco pieno di sassi aguzzi e uno dei due per sottrarsi ai carabinieri si è lanciato tra le pietre ed è stato preso dal militare che dalla corsa ha guadagnato il segno al volto. «Questi sono tosti, è gente che corre e non ha paura di niente».
Arriva sulla zona un elicottero del gruppo di volo di Orio al Serio che dall’alto verifica lo stato dell’area e se vi sono nelle vicinanze altri sospettati nascosti e sfuggiti al blitz; rimane in «hovering» fermo a pochi metri dalle cime delle piante e dopo alcuni accurati sorvoli radenti si allontana: zona bonificata.
È così la battaglia quasi quotidiana allo spaccio nei boschi della Valcuvia, pendenze selvagge e bellissime, torrenti smeraldo che escono dalla montagna fra prati magri e faggi secolari dove si consuma l’eterna lotta fra guardie e ladri che arriva al corpo a corpo, e non in senso metaforico.
Alla fine saltano fuori due involucri che vengono sequestrati e saranno analizzati (foto qui sopra poi nel pomeriggio si scoprirà che non contengono droga, ma i due vengono denunciati ndr). Viene trovato del cellophane che è il contenitore utilizzato per le dosi: ai due fermati vengono fatte indossare calze e scarpe e parte la marcia in manette e in salita verso sulla provinciale dove altre auto dell’Arma li aspettano (foto sotto).
«È una lotta difficile, quella allo spaccio nei boschi. Ci vuole conoscenza del territorio, molta osservazione e il contributo dei cittadini è fondamentale», spiega il capitano Alessandro Volpini che comanda la compagnia di Luino che lo scorso anno ha arrestato oltre trenta persone con l’accusa di smerciare droga anche nella vicina Valganna e nei boschi del Luinese.
Qui siamo a Castelveccana, Frazione Sant’Antonio lungo la sp7, quasi a un crocevia che a destra porta al passo del Cuvignone e consente di scendere attraverso la sp8 fino a Vararo; a sinistra si può raggiungere Arcumeggia e scendere a Casalzuigno.
L’area boschiva andrà ripulita e non sarà uno scherzo: di solito in questi casi entrano in azione le squadre di protezione civile ma non c’è da sorridere pensando all’ipotesi maturata mesi fa da parte delle amministrazioni locali di utilizzare un elicottero per caricare tutte le schifezze e portarle a valle: la strada per arrivare è il bosco.
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I nostri nonni (compresi i miei) si stanno rivoltando nella tomba di fronte a questo schifo indecente. I loro grandi sacrifici e le loro battaglie a cosa sono valse? Siamo diventati un popolo di potenziali tossici, alla costante ricerca del pusher quotidiano e abbiamo abbandonato la nostra terra in mano a bande di delinquenti della peggio specie, che del nostro territorio non conosco nulla e a cui non portano il minimo rispetto.
Un GRAZIE ai carabinieri è doveroso ma bisogna incominciare a porsi una domanda…siamo tutti favorevoli alla loro “bonifica”? Siamo sicuri che all’italiano medio non vadano meglio pusher, drogati, malavita e criminalità organizzata?
A vedere come è conciato questo paese, al costante spettacolo di latrina diffusa che si vede lungo le strade e nei boschi ma anche nell’animo delle persone, viene da pensarlo.