Il racconto del partigiano: “Non c’è nulla che valga quanto la libertà”

La testimonianza di Natale Perin, nome di battaglia Costanzo, che, fin da giovanissimo, fu staffetta partigiana a Gorla Minore. Il suo invito a non dimenticare i pericoli e le colpe del fascismo

Natale Costantino Perin

La storia non è stata vissuta (solo) da grandi nomi: ad aver fatto la differenza nel nostro passato sono persone che magari abitano accanto a noi e che vediamo tutti i giorni. Come nel caso di Natale Costantino Perin, che vive fin da bambino a Gorla Minore. Classe 1931, è un uomo gentile e paziente, ma anche tanto preciso: quando gli chiediamo di raccontarci la sua storia, il signor Natale prende una sedia e si mette comodo con il telefono in mano e un bicchiere di acqua accanto.

Avremmo preferito andare a trovarlo, ma, visto il periodo, ci siamo limitati a chiamarlo e chiedergli cosa fece il 25 Aprile del 1945: «Quando arrivò la notizia che la guerra era finita, avremmo voluto aprire una bottiglia e brindare, ma c’era la povertà, in casa c’era ben poco. Però eravamo felici, ci abbracciammo e festeggiammo, perché avevamo lottato tanto per quel momento».

«Sono nato in Veneto, in provincia di Treviso, il 13 dicembre del 1931, e all’età di nove anni arrivai con la mia famiglia a Gorla Minore. Ero il quinto di undici figli, la nostra era una delle tante famiglie numerose di una volta». Fu dal 1943 che Natale, dodicenne, iniziò a muoversi sul territorio come staffetta partigiana: «Dopo l’armistizio dell’8 settembre’ 43 in zona erano arrivati una ventina di reduci, militari che non volevano combattere per la Repubblica di Salò: si nascondevano vicino a Cislago. Io e tanti come me cercavamo di aiutarli, avvisandoli quando i gendarmi fascisti li cercavano». L’attività di staffetta partigiana proseguì anche nei due anni successivi, quando Natale, che intanto aveva preso il nome di battaglia “Costanzo”, aiutava qualcuno che voleva scappare verso le montagne o la Svizzera.

Al centro della vicenda di Natale, alias Costanzo, c’è un cascinale, chiamato “La Visconta”, situato fra Gorla Minore e Cislago: «In quel luogo vivevamo in 130 persone, tra cui anche tanti sfollati provenienti da Milano. In tempi di guerra si cerca di stare vicini: avevamo poco, c’era la povertà, ma ci si aiutava gli uni con gli altri. Accadde che una sera passò sopra il cascinale un velivolo diretto al Mottarone per rifornire i partigiani: proprio in quel momento, un mio vicino, aprì la porta di casa. Dall’alto, vedendo le luci del camino acceso, al pilota sembrò di riconoscere un codice segreto e buttò giù alcuni fusti contenenti cibo e vestiti. Li nascondemmo subito, ma la notizia in breve tempo arrivò ai gendarmi fascisti: il giorno dopo arrivarono, minacciando con le loro armi noi uomini, ma anche donne e bambini. Finché non ebbero i fusti non se ne andarono, ma nonostante ottennero ciò che stavano cercando, arrestarono comunque mio padre ed altri uomini (rilasciati qualche tempo dopo) e ci obbligarono a consegnare loro 500 lire, così da poter andare a mangiare a bere con i nostri soldi. Tenete presente che la paga mensile di allora era pari a 120 lire, quindi si trattava di una somma notevole  – puntualizza Natale, che prosegue – Da quel momento iniziarono a venire periodicamente al cascinale, minacciando, devastando e spaventando tutti. Quando sento i discorsi di nostalgici del fascismo, capisco che non hanno in mente cosa significhi essere alla mercé di squadroni fascisti, senza una legge che ti tuteli, arrestato o minacciato anche senza motivo».

natale Costantino perin

Oggi ricordiamo il 75esimo anniversario di una data che cambiò la nostra storia: «Quando arrivò la notizia della fine dei combattimenti, fu davvero una grande gioia. Eravamo stremati da anni di guerra, devastati da tante fucilazioni di partigiani a cui avevamo dovuto assistere: io spero davvero che le nuove generazioni si soffermino a pensare al valore della democrazia, che oggi diamo per scontato, abituati ad avere diritti per cui noi abbiamo lottato. Essere liberi e non avere paura è ciò che più conta: questo ho cercato di trasmettere in tanti anni di testimonianze nelle scuole del territorio. Finita la guerra -confida Natale- aiutammo anche alcuni giovani che avevano combattuto per la Repubblica di Salò: non sempre ci furono vendette e omicidi fra noi partigiani e gli altri. Quando possibile, si cercava di aiutarsi, come facemmo con quei militari che erano stati costretti ad arruolarsi».

Il pensiero di Natale, insignito anni fa anche di una medaglia alla Resistenza insieme al concittadino Mario Colombo, è rivolto ai giovani: «Ricordino bene che «È meglio la peggiore delle democrazie, piuttosto che la migliore delle dittature” (come disse Pertini): non c’è errore o disservizio di uno stato democratico, che valga quanto la libertà di agire e anche dissentire; uno stato con leggi da rispettare, ma anche tanti diritti. Per questo abbiamo combattuto, per questo domani e sempre festeggerò il 25 Aprile». 

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Pubblicato il 25 Aprile 2020
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