Caro papà

La lettera di Carlo Botti in ricordo del padre Maniglio

Personaggi generiche

Carlo Botti , figlio di Maniglio Botti, giornalista scomparso improvvisamente giovedì scorso, trovandosi in America Centrale per lavoro e non potendo rientrare in tempo utile per i funerali a causa dei blocchi per la pandemia, ha scritto questa lettera in ricordo del padre.

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Caro papá,
Mi rivolgo a te come mi rivolgevo da piccolo, papá (mai papi peró perché lo odiavi).
Con gli anni crescendo ho cominciato a chiamarti con tanti nomignoli, Manigliosky, Manicocco e Maniscio, il piú amato. Il mio darti questi nomignoli rappresentava per me il fatto che non ricoprivi solo il ruolo di padre, ma anche di migliore amico, di fratello, di vero compagno.
Sempre complice, sempre aperto ad ascoltarmi, ad ascoltare le mie paure, le mie ansie, le mie gioie.
In questo momento in cui sono distante, da solo, cerco di riempire il vuoto che mi hai lasciato con le parole scritte, a te tanto care per tutta la tua vita. Scrivo per me, scrivo per chi ti ha conosciuto, scrivo per cercare di sciogliere il peso che tengo nel petto.
Penso, e ripenso, chiuso in questa casa, camminando in tondo e camminando, rimuginando, penso a te, alla tua vita, a noi come famiglia, ai tuoi insegnamenti, a tutto quello che ci é successo in questi anni e l’unico pensiero che continua a martellarmi in testa, tra una lacrima e l’altra, é quanto sono e siamo stati fortunati ad averti con noi. Ne sono conscio, le anime sensibili come la tua sono rare.

Fin da piccolo ho sempre avuto un grande orgoglio nei tuoi confronti. Ero fiero del lavoro che facevi, ero fiero del fatto che eri riuscito a perseguire un tuo sogno e a farlo diventare la tua vita.
E il vederti cosi felice credo che sia stata la motivazione maggiore che mi ha permesso di sforzarmi piú che potessi per cercare di ottenere qualcosa di simile nella mia vita. Ed é stato solo grazie a te e alla Marmotta, che mi avete sostenuto sempre, anche quando tutto ci dava contro.
Ma ció che mi rendeva piú fiero e piú orgoglioso é sempre stato il nostro rapporto, la nostra complicitá, unica e speciale. La capacitá che abbiamo sempre avuto di poter parlare di qualsiasi cosa nella nostra famiglia, grazie all’apertura tua e della Marmi.
Il tuo modo di essere, di rapportarti alle persone, di abbracciarle e di farle sentire subito a loro agio, anche dopo averle appena conosciute, era tra le tue piú grandi qualitá che ti ho sempre invidiato.
Diventando adulto ho cercato di fare della tua solidarietá e generositá il mio stile di vita.
Cammino e cammino e penso ai nostri momenti, alle chiacchierate in macchina (infinite per colpa tua), ai racconti dettagliati della tua giovinezza e sempre caratteristici, a quando mi venivi a prendere in aeroporto “Maniscioo ma ndo staii??” “Arrivo maestro arrivo, c’era traffico chezzo!”, agli aperitivi (“ma non dirllo alla marmi eh”), alle discussioni sulla nostra Juve (non sono mai riuscito a portarti allo Stadium), a quando entravi in camera mia tornando dal cinema solo per raccontarmi il film che avevi visto e cosa ne pensavi, a quando vi facevo disperare per le mie “sregolatezze” e poi mi mandavi i tuoi messaggini “buona fumata”, alle risate, le tante risate che mi facevi e mi hai sempre fatto fare, al tuo rispondere alle mie provocazioni con provocazioni piú esagerate, al tuo consolarmi dopo le delusioni d’amore, a quando ci fumavamo le sigarettine ai matrimoni come un rituale, al tuo spingermi a cercare di essere felice senza mai mostrarmi le tue vere preoccupazioni.
Ero cosi orgoglioso di te che ti condividevo con tutti e con tutti riuscivi a farti voler bene. Credo che tutti i miei amici piú cari si possano ricordare anche solo un aneddoto con te.
Non voglio mettermi a pensare troppo perché altrimenti mi si offusca la vista.
Tu e la Marmi siete sempre stati dalla mia parte Maniscio, sempre e di questo forse non sono mai riuscito a dimostrarti la mia gratitudine abbastanza.
Avevamo ancora tanti progetti, dovremo aspettare un’altra vita per portartli a termine.
Di solito quando scrivevo qualcosa poi correvo subito ad inviartelo perché raramente ho conosciuto qualcuno che scrivesse meglio di te, per avere la tua opinione e tu me lo correggevi, sempre critico e sempre sincero.
Da oggi mi correggeró da solo.

Come ci hai sempre ricordato, per allentare le nostre paure e angosce, le giornate durano 24 ore.
Anche oggi lo é stato. Tra le 24 ore piú difficili fino ad ora, ma da domani sará un altro gjorno.
Da domani cominceremo a sentire la tua mancanza, una mancanza che cercheró di custodirmi come il bene piú prezioso, che trasformeró in ricordo e memoria e che trasmetteró ai tuoi nipotini, a agli amici che hanno avuto la fortuna di conoscerti e trascorrere momenti con te.
Chiudo con uno dei ricordi a cui sono piú affezionato.
A 18 anni mi feci il primo tatuaggio mentendoti sulle dimensioni. Tornando a casa e vedendo la chiazza di inchiostro nero sul braccio mi dicesti “Sei proprio un pirla” e non mi parlasti per qualche giorno.
Con il passare degli anni i tatuaggi sono aumentati, testimoni delle mie esperienze e tu hai cominciato ad esserne orgoglioso e a dire ai tuoi amici “Carlo, mostra i tuoi tatuaggi!”.
Fino al 2018, quando hai voluto fare un tatuaggio anche tu, con me. E cosí abbiamo organizzato a Rimini, nostra cittá dell’amore, e siamo andati insieme. Eravamo distesi sui due lettini, mentre ci tatuavano contemporaneamente, e ti guardavo e sorridevo. Tu parlavi e parlavi con la tatuatrice, le raccontavi di te, di me, della tua famiglia, e lei era molto coinvolta, tanto che alla fine ti regaló anche un disegno della sua collezione privata.
Uscendo ti chiesi “Maniscio perché ti sei tatuato la Croce di Malta?”.
“Perché rappresenta i principi che dovevano seguire gli antichi cavalieri: spiritualità, semplicità, umiltá, compassione, giustizia, misericordia, sinceritá e sopportazione.”

Questo eri tu, tutti questi principi che hai cercato di insegnarci fin da piccolini.
Cercheró di continuare a renderti fiero e orgoglioso di me.
Ti stringo forte, da lontano, e mi sembra di vederti che mi guardi e che mi dici, come mi dicevi ad ogni saluto in aeroporto: “Mi raccomando, ricordarti sempre da dove vieni”.
“Si Maniscio, sempre.”
Il tuo condor
 

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Maggio 2020
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