L’ultimo pastore

Ogni anno la sera dell'11 maggio i parrocchiani di Avigno andavano a trovare Don Giuliano per il suo compleanno. Il coronavirus ha cancellato anche questo momento di letizia

parroco apertura

Fra i mille incontri cancellati dal coronavirus c’è la visita che alcuni parrocchiani di Avigno facevano al loro ex sacerdote la sera dell’11 maggio. Nulla d’importante, solo una quieta rimpatriata di fedeli che, puntualmente , da 10 anni, fanno visita al Don nel giorno del suo compleanno.

Giuliano Milani ha compiuto 79 anni, 16 dei quali passati ad Avigno dove ha lasciato un’orma indelebile nel cuore della gente. Si dice che i sacerdoti, nel loro abito scuro ed il collettino bianco, siano come le rondini destinate a migrare, portando, nel perenne vagabondaggio da un paese all’altro e da una comunità all’altra, il messaggio di Cristo.

Una delle parabole predilette da Gesù era quella del “Buon pastore”; un’anima solitaria che pasce il suo gregge in luoghi aspri e selvaggi, ma ricchi di pace. Quella pace che il pastore non trova quando, al tramonto, si accorge di una pecorella smarrita. Egli torna sui sentieri del giorno, la cerca, ed è felice solo quando la ritrova.

Per la comunità avignese, don Giuliano è stato un pastore; una figura semplice che ha esercitato il ministero sacerdotale con saggezza e partecipazione. Chi scrive, come tanti parrocchiani, ha vissuto il passaggio di quest’uomo ad Avigno e, se potesse fissare un ricordo – simbolo del suo modo di vivere, lo immaginerebbe in un pomeriggio d’estate, sulla cima della salitella che conduce all’oratorio con le braccia spalancate, sorridente, mentre accoglie i bambini “ritardatari” all’oratorio feriale.

Don Giuliano non ha amato solo i bambini: è stato un punto di riferimento per i giovani, le famiglie in difficoltà, gli ammalati e gli anziani. Ecco perché, anche nel dramma che avvolge oggi le comunità, non c’è ricorrenza in cui, almeno idealmente, egli sia solo. I parrocchiani che negli anni scorsi, la sera dell’11 maggio lo abbracciavano a Induno Olona erano per lo più donne. Portavano al loro sacerdote una torta, sulla quale, ogni anno, c’era un numero diverso, accompagnato però da un’unica parola: «Grazie».

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Pubblicato il 12 Maggio 2020
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