“Ats Insubria è troppo vasta: impossibile governare il territorio in modo puntuale””

Il Presidente del Consiglio Fermi critico su Ats Insubria: chiede che vengano divise le due province. Proposte anche per rivederne ruoli e compiti in favore di sindaci, medici di base e aziende ospedaliere

Territori in tour: quarto giorno

Le Ats vanno riviste e quella dell’Insubria ripensata. È quanto sostiene Alessandro Fermi, Presidente del Consiglio regionale della Lombardia.

UNA ATS PER PROVINCIA
La volontà di rivedere il Piano socio sanitario lombardo alla luce delle criticità emerse durante la pandemia ha indotto Fermi ad avanzare alcune chiare richieste sul ruolo di queste Agenzie e, in particolare, di quella che gestisce i territori di Varese e Como: « Sicuramente va ripensato l’azzonamento territoriale delle ATS: in particolare l’ATS dell’Insubria per la sua eccessiva estensione territoriale e per il numero di cittadini ricompresi ha constatato l‘impossibilità di poter governare in modo adeguato un ruolo di coordinamento efficace e puntuale. È utile quindi riflettere su un ritorno a una ATS Lariana che abbia Como e la sua provincia come unico ambito di competenza».

RIVEDERE I COMPITI DELLE ATS
«A questo, in prospettiva, credo poi si possa accompagnare una progressiva dismissione da parte delle ATS delle attività a gestione diretta con il contestuale sviluppo di una pluralità di erogatori pubblici e privati in grado di gestirle. Tale processo potrebbe ulteriormente perfezionare la rete di offerta delle ASST».

Meno territorio e meno competenze, un ragionamento che rispecchia l’insoddisfazione per come è stata gestita centralmente l’emergenza: « La crisi epidemiologica  ha evidenziato anche la necessità di ricomporre la filiera erogativa delle prestazioni sanitarie, con particolare riguardo all’ambito di igiene e sanità pubblica. Credo opportuno, pertanto, che le strutture operative afferenti al “Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria” transitino nell’asset organizzativo delle ASST, peraltro, già attivate su questo versante come dimostrano le attività vaccinali e di medicina legale. La ricomposizione delle dinamiche ospedaliere – territoriali e la revisione dell’area delle cure primarie potrebbe trovare un ulteriore elemento di potenziamento nel trasferimento del “Dipartimento delle Cure Primarie” nel contesto organizzativo delle ASST. Le ATS, liberate dalle competenze erogative, potrebbero a questo punto focalizzarsi sui profili di analisi della domanda, sulla committenza dei servizi in ambito territoriale ed essere sempre più autorevoli garanti dei processi di accreditamento e controllo in stretto raccordo con l’Agenzia Regionale dei Controlli».

PIU’ COINVOLGIMENTO DEI SINDACI
Fermi sottolinea anche l’insufficienza degli strumenti in mano ai sindaci: «La situazione ha fatto chiaramente capire che nella gestione sociosanitaria serve un maggiore e più diretto coinvolgimento dei Sindaci, anche a livello operativo e decisionale. Ricordando che il Sindaco è autorità sanitaria locale e sottolineando l’importante e apprezzato lavoro che hanno svolto in questi mesi, è evidente che, in un ottica di rafforzamento della sanità territoriale, va ripensato il loro ruolo attribuendo loro non quello limitato ad un apporto consultivo una tantum, ma bensì di compartecipanti al governo della sanità territoriale».

IL RUOLO CENTRALE DELLA MEDICINA DEL TERRITORIO
Altro aspetto fondamentale sottolineato da Fermi è la riorganizzazione della medicina del territorio che parta da un rinnovato patto con i medici di base, quelli della continuità assistenziale e i pediatri, presidio fondamentale e indispensabile della sanità territoriale: « La medicina generale deve tornare a essere il vero fulcro intorno a cui far ruotare l’assistenza sanitaria svolgendo in modo efficace il ruolo di filtro per la sostenibilità dell’assistenza ospedaliera. Fondamentale sarà liberare questo comparto sanitario dalla burocrazia che negli ultimi anni ne ha mortificato il ruolo così come aumentare ulteriormente le borse di studio per favorire l’accesso alla professione che rischia, tra pensionamenti e carenze di organico, di portare il medico di medicina generale alla soglia di 2mila mutuati cadauno. A tal proposito ritengo necessario affrontare il tema e il ruolo delle “Cooperative” di medici di medicina generale. Questa singolare modalità associativa potrebbe presentarsi come una vera e propria unità d’offerta nello scenario delle cure primarie, valorizzando il profilo neo imprenditoriale dei professionisti che vi aderiscono, ed avendo quale finalità quella di erogare servizi a favore degli stessi. La necessità di rinsaldare un patto di collaborazione deve avere ovviamente il presupposto del riconoscimento di un ruolo attivo del governo regionale da affiancare a quello dettato dal carattere nazionale dell’attuale convenzione. Altro tema da approfondire investe sicuramente anche il ruolo dell’infermiere con particolare attenzione al progetto dell’infermiere di famiglia sui cui già da tempo sono in corso alcune riflessioni e approfondimenti».

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Pubblicato il 03 Giugno 2020
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