In provincia 7 lavoratori su 100 non hanno ancora la cassa integrazione
A rivelarlo è un’indagine condotta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro di Varese. Prospettive negative per autonomi e partite Iva: oltre il 14% sono a rischio

Almeno 7 lavoratori su 100 in provincia di Varese stanno ancora aspettando i soldi della cassa integrazione e sono in stragrande maggioranza artigiani, per mancanza dei fondi necessari a corrispondere l’assegno. A rivelarlo è un’indagine condotta dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro sul nostro territorio. (nella foto da sinistra Ferdinando Butto e Vera Stigliano)
Si ripropone dunque una questione che già nel marzo scorso i consulenti del lavoro, attraverso la presidente nazionale Marina Calderone, avevano affrontato proponendo un ammortizzatore sociale unico, da affidare ad un unico ente (l’Inps?) opportunamente attrezzato, anche a livello di organico dedicato, a gestire la situazione. Uno strumento unico, semplificato, giusto, che aiuti tutti e in tempi corretti a far fronte alla crisi. E da qui ripartono gli auspici per il mondo del lavoro nel 2021. Uno strumento unico, semplificato, giusto, che aiuti tutti e in tempi corretti a far fronte alla crisi. Altro elemento irrinunciabile per far ripartire l’economia, secondo i consulenti del lavoro, è il sostegno dei redditi. Un obiettivo da raggiungere detassando i salari dei lavoratori dipendenti e agevolando le assunzioni dei precari.
LAVORO RESO DIFFICILE DALLA PANDEMIA
In questi mesi di crisi dovuta alla pandemia i consulenti del lavoro sono stati in prima fila per assistere aziende e lavoratori nelle varie procedure per il sostegno al reddito. Un lavoro duro anche sul piano psicologico che ha dovuto fare i conti con mille difficoltà di mercato e burocratiche.
«Noi consulenti gestiamo quasi 7 milioni di posti di lavoro – ricorda la presidente dell’Ordine dei consulenti di Varese Vera Stigliano – e in questi mesi, lavorando e lottando senza sosta accanto ai nostri clienti, abbiamo potuto notare come il secondo lockdown, meno drastico nelle chiusure, abbia avuto in realtà conseguenze più preoccupanti su tensioni, dinamiche, prospettive e qualità dei rapporti di lavoro».
A generare sconforto sono le criticità dell’organizzazione del lavoro, burocratiche e infrastrutturali messe drammaticamente in luce dalla pandemia in corso. «Il ricorso al lavoro da remoto è reso complicato da collegamenti internet non sempre efficaci e dall’essenza di una precisa organizzazione del lavoro cui riferirsi per ricreare, anche a distanza, le giuste dinamiche produttive – spiega Ferdinando Butto, presidente provinciale di Ancl, il sindacato dei Consulenti del lavoro – A questo si è aggiunge la risposta scarsamente efficace di cinque diversi ammortizzatori sociali che lasciano scoperte alcune categorie di lavoro colpite dalla pandemia e in estenuante attesa delle altre».
A RISCHIO UN POSTO DI LAVORO OGNI DIECI NELLE PMI
Sempre secondo l’indagine di dicembre della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro è a rischio 1 posto di lavoro su 10 nelle piccole e medie aziende (anche se la legge di Bilancio in approvazione rinnoverà il blocco dei licenziamenti, il limite non sarà all’infinito e il nodo è destinato a venire al pettine), ma peggiori sono le prospettive per autonomi e partite Iva: oltre il 14% sono a rischio.
Da rilanciare allora, in prospettiva, anche i fondi per le politiche attive, perché le persone che perderanno il lavoro dovranno poter accedere a percorsi formativi dove acquistare nuove competenze per poter essere ricollocati, e anche su questo fronte i Consulenti del lavoro sono pronti a spendere tutte le loro potenzialità di supporto. «Speriamo che la macchina per portare a casa i risultati con i fondi europei del Recovery sia gestita da tecnici in grado di arrivare ai migliori risultati» conclude Butto «e che la il diritto al lavoro e alla dignità del lavoro possa davvero essere riconosciuta a tutti, imprenditori, artigiani, dipendenti, professionisti e autonomi – aggiunge Stigliano – la tensione collettiva generata da questa incertezza non fa bene in casa e neppure sul posto di lavoro, quindi sicurezza e qualità in azienda saranno prioritari».
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