La palla ovale
di Giangiacomo Furù

A sapere dove rimbalzava, la vita, l’avremmo afferrata e messa al nostro servizio, ma non era così, non era mai stato così, e considerato questo, il gioco era ancora più bello… e c’erano altri che giocavano un altro tipo di gioco, e per loro la palla era rotonda e la calciavano con precisione, la mettevano dove volevano, proprio là, e più uno la metteva proprio là e più era pagato per questo, sembrava che mettere la palla in quel modo era la cosa più rara di questo mondo, e da un certo punto di vista poteva anche esserlo, ma il fatto è che la vita non sai mai dove va, e chi conosce la vita la trasmette a chi gli sta vicino, si guarda indietro e trova un compagno a raccoglierla per andare avanti, anche un solo passo, ma con la determinazione che richiedono i sogni… e chi gioca alla palla ovale non è una signorina che riempie le pagine dei giornali, si arricchisce e mantiene elevato il quoziente di opportunismo nel mondo, e nemmeno è uno che quando cade dice oh mammina che male, per cui i giornalisti lì presenti saltano su e urlano e a noi chi ce lo dà lo stipendio e poi di quelle moine parlano per tutta la settimana, chi gioca alla palla ovale stringe la vita al cuore e sente che tutto il mondo è lì dentro, e il destino di quella palla è già segnato, come tutte le cose, e loro la seguono, quella palla, e sanno che il suo rimbalzo, come la vita, sarà imprevedibile.
Racconto di Giangiacomo Furù, illustrazione di Renato Pegoraro
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