Addio a Don Carlo Comotti, il prete del sorriso
Vicino ai malati, Don Carlo prestava servizio all’Ospedale di Angera ed era entrato nel cuore di molte famiglie dal Basso Verbano. “È stato il volto della misericordia”
Addio a Don Carlo Comotti, prete del sorriso per tanti anni al servizio dei malati e dei più deboli. Don Carlo si è spento sabato 26 giugno all’età di 87 anni (compiuti lo scorso 22 giugno), dopo una lunga malattia che, ad accezione dell’ultimo periodo in cui era ricoverato a Barza, non aveva in realtà fermato la missione di chi ha sempre avuto un sorriso e una parola gentile e di conforto per tutti, specialmente per i malati dell’ospedale Carlo Ondoli, dove è stato presente fin che le forze gliel’hanno permesso. Per molti fedeli è stato una figura di riferimento sempre disponibile e generosa.
Nel 1988 Don Carlo diventò clero residente ad Angera con incarico pastorale e cappellano della Casa di Riposo “Virgo Potens” della Congregazione Figlie della Carità, non più presenti ad Angera da settembre 2005, quando si trasferì a Ranco. Nel 2008 festeggiò i 50 anni di sacerdozio con una speciale cerimonia organizzata dai due comuni proprio all’ospedale, in supporto della Preparto di pediatria.
«È stato il volto della misericordia – il cordoglio di Don Matteo – Finché ha potuto è stato presente, al servizio e a disposizione della gente. Un ricordo di grande umanità e di quel sorriso in grado di accogliere. Appena arrivai ad Angera, quando iniziammo le benedizioni delle case mi ricordo chiaramente che in tutte le case, pur non conoscendo ancora nessuno, in molti mi chiedevano di Don Carlo. Quel giro di benedizioni fu un “processo di beatificazione”, una raccolta enorme di testimonianze della sua presenza nel territorio e nel cuore delle persone. Fu lui a inventare quel ministero in Ospedale, che comprendeva quattro visite al giorno con l’intuizione di fare l’ultimo alle 10 di sera, così da poter bere il tè insieme al personale ospedaliero e condividere con loro dei momenti. L’incontro con i malati gli ha permesso di entrare nelle famiglie, perché la cura non si fermava all’ospedale ma poi proseguiva anche dopo a casa, soprattutto nei confronti delle figure di maggior fragilità».
«E’ stato una colonna per l’Ospedale ed Angera – ha aggiunto il sindaco ed ortopedico Alessandro Paladini Molgora -. Sempre prodigo di parole di confort e rasserenamento nei confronti per noi operatori e soprattutto per i malati. Spesso si fermava in cucina con noi a bere il té, fare due chiacchiera, aveva davvero una parola per tutti. In Ospedale era di famiglia, non è mai stato considerato come una figura esterna, al contrario».
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