La kafkiana gestione della Tari a Gallarate
Uffici che non si parlano, documenti su documenti e una "Jumbomail" inviata quattro volte che nessuno ha mai letto nei tempi dovuti
Buongiorno direttore,
scrivo per raccontare l’incredibile gestione della tassa dei rifiuti a Gallarate.
Intanto, mi chiedo perché il catasto, l’anagrafe e l’ufficio che gestisce la Tari (si chiama ICA-Tributi) non si parlino, per così dire: sarebbe sufficiente questo per risparmiare al cittadino l’onere di dichiarare su quale immobile deve pagare la Tari. Si tratta di una tassa in autodichiarazione, mi è stato spiegato dall’ufficio competente. (foto: la città vista dall’alto)
In altri termini, anche se risulto proprietario dell’immobile X e sono residente nell’immobile X (tutti dati di cui il Comune è perfettamente a conoscenza), fino a che non dichiaro di aver venduto l’immobile Y continuerò a pagare la Tari su quell’immobile, pur non essendone più proprietario e pur non essendo più residente in questo immobile.
Ora, immagino che siano migliaia i cittadini che, ignorando questo bizantizismo burocratico, paghino la Tari su immobili che hanno venduto e nei quali non sono più residenti. E probabilmente il Comune, su questa vicenda, ci perde anche dei soldi. Ma tant’è… Io, dopo essermi reso conto che stavo pagando la Tari su un immobile venduto nel 2019, mi sono armato di buona volontà e ho scritto all’ufficio competente, sempre il famigerato ICA-Tributi, per chiedere che cosa avrei dovuto fare per pagare la tassa sull’immobile di cui sono attualmente proprietario e in cui risiedo.
Mi è stato detto che avrei dovuto compilare un modulo (ma come?!, dico io, ma se ci sono i dati del catasto e dell’anagrafe…). Vabbè, compiliamo questo modulo. Poi inviare copia della carta d’identità, copia dell’atto d’acquisto e dell’atto di vendita del precedente immobile, nonché il certificato di residenza. Tutte queste informazioni sono evidentemente già in possesso del Comune di Gallarate. Ma tant’è…. Ho fatto quanto richiesto.
Trattandosi di file pesanti li ho allegati con la posta di Libero con un sistema che si chiama JumboMail, che consente di trasferire diverse giga di dati attraverso dei link, un sistema che ha un limite: il ricevente deve scaricare i documenti entro una settimana. Li ho spediti la prima volta il 16 aprile, raccomandando di scaricarli immediatamente. L’ufficio competente, sempre ICA-Tributi, mi ha risposto il 10 maggio: purtroppo non li abbiamo scaricati per tempo. Può capitare, in effetti. Li ho mandati nuovamente il 24 aprile, sempre con la raccomandazione di scaricarli immediatamente. ICA-Tributi mi ha risposto il 10 maggio di non aver fatto in tempo a scaricarli. Li ho spediti nuovamente il 24 maggio: solita raccomandazione. Il 16 giugno ICA-Tributi ha risposto: ci dispiace, non abbiamo fatto in tempo a scaricarli. Ora, nel frattempo sono passati oltre due mesi.
Io dovrei spedire per la quarta (quarta!) volta tutta la documentazione, sperando che, questa volta, all’ufficio competente ICA-Tributi si degnino di scaricarli in tempo utile. E, ribadisco, stiamo parlando di informazioni che sono TUTTE già in possesso degli uffici comunali. A questo punto, mi rifiuto di restare intrappolato in questa vicenda kafkiana.
Ovviamente quanto sto raccontando è tutto documentato dalle mail inviate e ricevute. Continuerò a pagare la Tari su un immobile che non è più di mia proprietà e in cui non risiedo più da oltre due anni. Quando si parla di semplificazione della burocrazia e dialogo con i cittadini….
Grazie per la cortese attenzione,
Massimo Gaia
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