“Non solo numeri. La Gallarate solidale si costruisce con terzo settore e associazioni”
Margherita Silvestrini è stata assessore al sociale: nel programma da candidato sindaco gli interventi per rilanciare. Dall'affido familiare alla rete, fino al tema dei progetti per attivare chi prende il reddito di cittadinanza

Una Gallarate solidale, da costruire in collaborazione con il terzo settore e aiutando chi è in difficoltà. «Perché i servizi sociali non sono solo un costo, ma un investimento» dice Margherita Silvestrini, candidata sindaco del centrosinistra.
Ex assessore ai servizi sociali tra il 2011 e il 2016, Silvestrini ha dedicato una particolare attenzione alla parte di programma che si riferisce a questo capitolo (su cui peraltro storicamente Gallarate investe molto). «Non si possono immaginare iniziative nel sociale se non si tiene presente che al centro deve essere messa la persona, il suo vissuto, le sue relazioni, aspetti non schematizzabili e inquadrabili solo in percorsi rigidi» dice. La sua parola d’ordine è «superare approccio prestazionale», che significa «adottare un welfare di prossimità che tenga conto non solo della prestazione ma del benessere complessivo della persona»: «significa immaginare modelli d’intervento diverso da quello che caratterizza».
«In Gallarate ci aiuta molto il fatto che abbiamo un volontariato e un terzo settore, erede di una storia di operosità solidale, capace di reagire non solo in emergenza» . Fa l’esempio della casa di Sant’Eurosia, un investimento importante delle Caritas e delle Comunità pastorali cittadine, per fare uno scatto in avanti nella cura delle persone in difficoltà abitativa o relazionale.
«La rete del volontariato non deve essere considerata solo come braccio operativo, come viene spesso inteso oggi, ma interlocutore con cui progettare: serve un amministrare condiviso» continua Silvestrini, durante un colloquio nel parco comunale di via Trombini, di cui si occupano anche gli utenti del centro disabili di Iris.
«In questo senso si può realizzare quegli obiettivi di cui dicevo: non solo semplici elargizioni ma una rete che aumenti la coesione sociale. Perché spesso i servizi sociali sono considerati un costo necessario da sopportare, mentre invece investire in quel senso vuol dire invece migliorare il tessuto sociale e alla fine ottenere anche vantaggi economici per tutti»
Ma in termini di scelte comunali cosa significa? «Per prima cosa serve una amministrazione condivisa con il terzo settore, che oggi non è così evidente. Bisogna ripartire dallo strumento del Piano di Zona, a cui dare una attenzione e rilancio, dopo che è stato un po’ trascurato in questi anni. Gallarate è stata tra gli ultimi ad attivarlo e ancora oggi attende un rinnovo. Non si può agire da soli, altrimenti sì che si finisce nella sola elargizione di contributi».
«Poi serve uno strumento che aiuti ad orientarsi tra gli innumerevoli servizi che pure esistono: molti sono disorientati e non riescono a trovare un riferimento certo, a quale sportello rivolgersi o come presentare una domanda».
Però l’amministrazione comunale ha anche avviato una iniziativa specifica su questo, la “Bussola dei Servizi”…
«Non dico non sia utile, come strumento. Ma per la conoscenza che ho avuto nel confronto con referenti di associazioni non è sufficiente ad orientare le persone. Occorre uno strumento più capillare: il Comune non può arrivare ovunque, mentre le associazioni possono farsi antenne e portavoce per dare risposte. Ma spesso persino i responsabili delle associazioni mi chiedono informazioni su servizi, sui tempi di attivazione. Poi c’è un elemento di cui tenere conto e che spesso viene messo tra parentesi: c’è un analfabetismo digitale diffuso, è una constatazione e un dato di cui tenere conto. Non ci si può affidare solo a strumenti digitali».
Un altro capitolo su cui Silvestrini insiste è quello del sostegno all’«affido residenziale e diurno», che vede famiglie affidatarie che si affiancano ai genitori in difficoltà e alle famiglie che hanno esigenze particolari. «È una realtà da sostenere, che evita anche il ricorso alla comunità, che dovrebbe essere invece il più possibile soluzione emergenziale. Oggi invece il numero di minori in carico ai servizi di tutti è altissimo: c’è una situazione di disagio importante – parliamo di centinaia di ragazzi – a cui non si può rispondere solo con la comunità, che è anche un costo da un milione l’anno per l’ente comunale. Per questo serve riattivare e irrobustire la rete dell’affido».
In una «ottica di welfare di prossimità» Silvestrini insiste anche sulla proposta delle «Officine di reciprocità, per ridare dignità alle persone». Un sistema di scambio tra aiuto assicurato dal Comune e restituzione da parte delle persone in servizi per la comunità, su base volontaria. «Avevamo già sperimentato una forma simile con la Banca del Tempo con il progetto che avevamo chiamato “L’aiuto vien donando”. C’erano state esperienze positive: le persone non sempre sono facili da coinvolgere, ma siamo riusciti a ottenere risultati, ottenendo in diversi casi la soddisfazione della persona che può restituire con forme di collaborazione».
È un po’ la logica che dovrebbe stare alla base dei Progetti di Utilità Comunale attivati per chi prende il reddito di cittadinanza. Lo strumento “nazionale” non è facile da attivare, ma adagio adagio diversi Comuni sono riusciti a portarli a sistema. «Da quel che mi risulta a Gallarate non era stato attivato alcun progetto, fino a un paio di mesi fa non mi risultano presenti. Ma sono forme di restituzione che si devono e si possono attivare, anche in termini di competenze: molti sarebbero i piccoli lavori che servirebbero. Oggi siamo in un parco che è stato “adottato” da una realtà che si occupa di disabili: altri spazi potrebbero essere affidati ai percettori di reddito di cittadinanza. Ma ci sono anche competenze che per esempio consentirebbero lavoro d’ufficio. Ma serve che il Comune faccia la sua parte».
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