In Romania per salvare 3 mamme e 5 bambini: “Tanta umanità, emozione e commozione”

Il racconto di Luca, che insieme ad Emanuele ha portato in salvo il gruppo di ucraini in fuga dalla guerra: "Come in ogni viaggio, ci sono racconti e incontri che restano stampati nel mio cuore"

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In questi giorni di emergenza, con i bombardamenti e l’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo raccontato tante storie di solidarietà (QUI il racconto del nostro Roberto Morandi).

Tra queste c’è quella che ha come protagonisti Emanuele e Luca, partiti da Varese e diretti in Romania per portare in Italia 3 donne e 5 bambini, parenti di Svetlana, badante e collaboratrice domestica conosciuta grazie al suo lavoro a supporto di tante famiglie varesine.

La spedizione è andata a buon fine, il pulmino è tornato domenica pomeriggio (6 marzo) e tutto è andato a buon fine.

Come ogni viaggio, ci sono incontri, sensazioni, emozioni. Ecco quello che ci ha raccontato Luca, 40 anni, originario di Roma e da poco trasferitosi a Varese dove vive il fratello con la sua famiglia. Quando Emanuele gli ha proposto di partire, non ci ha pensato due volte ed è salito a bordo del furgoncino, deciso a dare una mano, nel suo piccolo, a chi vive una situazione di grave disagio.

«È stata una vera “missione”, ma non siamo eroi, è il meno che si potesse fare in una situazione del genere – racconta -. La speranza è che qualcuno, leggendo la nostra esperienza, possa fare qualcosa di utile per altri esseri umani».

Il racconto del viaggio è ricco di incontri, momenti emozionanti e toccanti: «Siamo arrivati la sera di giovedì a Brașov, in Transilvania, dove ci aspettavano le tre donne e i 5 bambini (abbiamo raccontato QUI l’origine della spedizione). Sono stati accolti in 3 case, accuditi e confortati. Una delle donne che abbiamo portato in Italia è incinta – prosegue il racconto di Luca -. Non si è sentita bene e la famiglia rumena che ha fatto da “ponte” per il trasferimento ha organizzato una visita dal ginecologo, dove ha scoperto il sesso del suo bambino, un maschio: è stata un’emozione grande essere lì con lei a sostenerla e aiutarla. Lei, come le altre due donne che abbiamo portato a Varese con i loro figli, ha dovuto lasciare il marito in Ucraina. La sera prima di partire per tornare in Italia abbiamo fatto una cena insieme, io, Emanuele, gli otto profughi (l’Unione Europea ha dato a tutti lo status di rifugiato) e tutta la famiglia rumena ospite. Una serata molto particolare, emozionante, con tanti messaggi di incoraggiamento e conforto».

«Sabato mattina alle 6 siamo partiti con la neve, abbiamo puntato verso il confine con l’Ungheria: c’era una lunga coda, siamo stati 4 ore fermi alla frontiera, perché erano in tantissimi che aspettavano di passare, in fuga da Odessa e da tante altre parti dell’Ucraina. Tra il controllo dei documenti e le pratiche per il passaggio, l’attesa è stata lunga e strana, anche qui con tanti gesti di umanità e vicinanza. Abbiamo incontrato anche due donne rumene, che gestiscono un ristorante a Ghirla: hanno riconosciuto il furgone di Emanuele e si sono offerte di darci una mano, sono state davvero gentili e ci tengo a ringraziarle. Parlando con chi aspettava in coda abbiamo sentito racconti carichi di tensione, di pericolo, di paura: tanti ragazzi e ragazze ucraini che si sentono defraudati dalla libertà che pensavano di aver raggiunto – continua Luca -. Ci siamo fermati per la notte al Lago Balaton, in una pensioncina. Bambini e donne a bordo hanno dimostrato una dignità e un rispetto incredibile, mai una lamentela, davvero bravissimi sopratutto i più piccoli, nonostante la situazione poco serena, con i video dei bombardamenti che arrivavano da casa loro. Le donne hanno dimostrato di essere forti».

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In trattoria in Ungheria un altro gesto di umanità che commuove: «Dopo la cena il proprietario, Johann, dopo aver visto i documenti delle donne e dei bambini, ci ha chiesto da dove arrivavano e dove stavamo andando. Sentita la storia, ha offerto la cena a tutto il gruppo, un gesto anche questo molto bello – racconta ancora Luca -. In autostrada, anche in Slovenia, passata l’Ungheria, abbiamo incontrato tante auto con targa ucraina, segno di un vero e proprio esodo in corso. Impressionante. A Varese siamo stati accolti da Svetlana, mamma di una delle donne che abbiamo portato in Italia, non senza una buona dose di commozione: ora saranno aiutate e integrate il più possibile nella comunità, facendo sentire il più possibile a casa donne e bambini. È stata una bella esperienza, ho conosciuto tante persone belle, emozionanti, che danno speranza nell’essere umano: magari non oggi, non domani, ma dopodomani, c’è la speranza che ci potrà essere una fratellanza tra i popoli, prima o poi, al di là degli slogan».

Tommaso Guidotti
tommaso.guidotti@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Marzo 2022
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