Colpi in Svizzera ai distributori: assolto l’uomo accusato di aver prestato il motorino
Dopo le condanne dei mesi scorso viene scagionato un varesino accusato di avere messo a disposizione uno dei mezzi impiegati nei colpi

Le telecamere avevano fatto il loro lavoro, riprendendo alcuni brani del rientro in Italia delle “batterie di rapina“ che armi alla mano entravano in Canton Ticino per mettere a segno colpi senza troppe delicatezze: minaccia a mano a armata, contanti intascati e via, rientro alla base.
Un filone di indagine su cui la giustizia italiana e svizzera aveva acceso un faro, sia sulle attività di polizia giudiziaria, sia sul loro epilogo, con pesanti condanne: degli iniziali sospettati, uno è detenuto in Canton Ticino, e un altro soggetto è stato condannato dal tribunale di Varese a 6 anni di reclusione. Rimaneva, per risalire alle precise responsabilità di quelle scorribande fra Italia e Svizzera, da ricostruire il ruolo del proprietario di un motorino utilizzato come mezzo di fuga per rientrare in patria.
L’uomo accusato, finito al centro delle indagini per via di un casco sul quale erano state isolato tracce di dna a impronte digitati, è stato tuttavia oggi scagionato dalle accuse: il pubblico ministero per quel concorso in rapina aveva chiesto cinque anni di reclusione andando assolto dopo la difesa dell’avvocato Paolo Bossi il quale sostiene la totale estraneità del suo assistito ai fatti che hanno mandato in carcere gli imputati per le rapine del confine.
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