Il vestito
di Evelyne Arrighi

Il mio ricordo del Tricolore è legato al Carnevale, risale a quand’ero bambina,vivevo con la mia bisnonna, e la festa si limitava a un pacchetto di coriandoli o, se andava bene, a un cappello da fata con tutta probabilità appartenuto a qualcun’altra.
Guardavo con invidia le compagne di scuola più abbienti. Sfoggiavano parrucche bionde, vestiti di raso da fatine, principesse, streghe, e poi c’erano cow boy, indiani, spazzacamini. In mezzo a loro io cercavo di sfuggire a quelli che, armati di bastoni di plastica, rincorrevano le bambine per colpirle a tradimento o riempirle di schiuma da barba con bombolette rubate ai loro papà.
Non potevo sfoggiare un costume che mi permettesse di diventare un’altra, anche solo per poche ore. Sul grande carro pieno di fiori sarebbero sfilate le maschere più belle, non io. Per questi motivi non sono mai stata una patita del Carnevale.
Un anno la mia adorata nonnina, vedendomi triste, decise che era giunto anche per me il giorno in cui non mi sarei dovuta sentire meno delle altre. – Che ne pensi se inventiamo qualcosa di diverso? Forse non vincerai nessun premio, ma sarai orgogliosa di portare il costume che ho in mente di confezionare per te.
Prese la sottogonna del mio vestito della prima comunione, comperò due fogli di cartapesta, uno verde e uno rosso, e con tanta pazienza fece delle piccole rose che cucì sull‘abito bianco. Ai miei occhi il più bello che avessi mai visto. Lo indossai, ero al settimo cielo.
– Nonna, se mi chiedono da che cosa sono vestita?
– Rispondi: da bandiera italiana!
Trovarono originale e patriottica l’idea della nonna, vinsi il terzo posto e salii sul carro tanto agognato. La conclusione della giornata fu meno entusiasmante degli anni precedenti. Il sole si nascose dietro le nuvole e cominciò a piovere. Sotto la pioggia i miei fiori di carta persero colore e macchiarono la gonna bianca. Sembravo la versione femminile di Arlecchino, ma la contentezza di avere un vestito unico non me la portò via nessuno e corsi a casa orgogliosa con la coccarda per mostrarla all’artefice della mia gioia. La coccarda per un’improbabile bandiera era nostra, mia e di una nonna fatina.
Evelyne Arrighi (www.ilcavedio.org) – 7 gennaio Festa del Tricolore, Reggio Emilia (1797-2023)
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