La parabola di Stefano Perboni: dal sogno del campus sportivo a Busto Arsizio ai domiciliari
Dietro il project financing del 2020 che avrebbe dovuto trasformare l'area sul Sempione c'era l'uomo finito ai domiciliari nell'indagine della Procura di Busto e della Guardia di Finanza per bancarotta

La presentazione in pompa magna aveva fatto brillare gli occhi a tutti. Il campus di Beata Giuliana sarebbe diventato il fiore all’occhiello degli impianti sportivi cittadini con l’occhio rivolto, addirittura, alle Olimpiadi Milano e Cortina del 2026. Mancava qualche mese alle elezioni e per la giunta Antonelli, che puntava alla rielezione, il piatto era più che appetitoso da porgere agli elettori. Era il 29 dicembre 2020 (foto in alto).
Busto Arsizio sogna Cortina 2026 col Palaghiaccio e una ginnastica mondiale
Purtroppo le cose non sono andate come sperato (anche se il Comune non ci ha perso un euro, anzi, avrebbe incassato una fideiussione da 500 mila euro) e il progetto di campus, inseguito da circa 20 anni, è naufragato miseramente e nuovamente. Ora si spera di riuscire a realizzare almeno il palaginnastica coi fondi del Pnrr anche se le cose sembrano più complicate del previsto, ancora una volta.
Dietro quell’operazione c’era proprio il 63enne Stefano Perboni, l’imprenditore di Besnate messo ai domiciliari dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio, Veronica Giacoia. Il veicolo utilizzato per partecipare all’associazione temporanea di imprese che ha partecipato al project financing del campus era proprio la Noka Service, una delle società al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Varese per bancarotta fraudolenta.
Perboni e le sue aziende, inoltre, avevano puntato anche sulla depurazione dell’aria (sempre grazie alle nanotecnologie utilizzate per le loro lampade) durante il periodo del covid come presentato in quest’altro articolo.
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