Per il tentato omicidio di viale Valganna a Varese l’arrestato risponde al Gip
Tredici i colpi di cacciavite inferti al rivale sembra per questioni di natura famigliare

Alla base del fatto di sangue consumatosi domenica mattina a Varese in viale Valganna vi sarebbe una questione di natura famigliare da “dirimere” fra le due parti in causa, entrambe albanesi che si sono fronteggiare prima a parole, poi con le armi bianche: tirapugni e cacciavite.
Almeno questa è la versione data al giudice per le indagini preliminari Alessandro Chionna che ha interrogato l’arrestato, 32 anni, in carcere alla presenza del difensore Maurizio Domanico nella mattina di mercoledì.
L’uomo ha deciso di chiarire la sua posizione dichiarando di esserci recato nei pressi della persona colpita poi col cacciavite, anche lui di origini albanesi, e di 27 anni, con l’obiettivo di parlare però col padre del ragazzo, al momento irreperibile: c’era in ballo un chiarimento richiesto per l’atteggiamento dell’uomo nei riguardi della sorella dell’arrestato.
Fra i due giovani sarebbe dunque nata una discussione accesa fino ad arrivare alle mani. Poi il più giovane avrebbe colpito al volto con un tirapugni il 32enne che per difendersi ha estratto dalla tasca un cacciavite (“che teneva in tasca per aver appena aggiustato una lavastoviglie”, spiega il difensore), arma con la quale è accusato di aver inferto alla persona offesa 13 pugnalate.
All’arrivo delle volanti e dell’ambulanza il ferito più grave è stato trasportato in ospedale mentre l’altro uomo arrestato con l’accusa di tentato omicidio (che ha atteso le Volanti sul posto, ospitato nell’abitazione dello zio della vittima). Il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto la custodia cautelare in carcere mentre il difensore aveva chiesto i domiciliari; a quanto pare avrebbe prevalso la tesi della premeditazione.
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