Per l’ingiusta detenzione di Stefano Binda il procedimento torna in Corte d’appello
La Cassazione rinvia ai giudici di Milano: ancora nulla di fatto per la richiesta di indennizzo dopo gli oltre 3 anni e mezzo di carcere

Sarà la Corte d’Appello di Milano a dover nuovamente decidere sull’indennizzo per ingiusta detenzione a carico di Stefano Binda, 55 anni, che ha passato tre anni e 6 mesi in carcere dal gennaio 2016 al luglio 2019. La decisione è arrivata questa mattina ai difensori Patrizia Esposito e Sergio Martelli: la quarta sezione della suprema corte dopo la camera di consiglio ha deciso per annullare l’ordinanza impugnata e “rinvia per il nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Milano cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti di questo giudizio di legittimità”.
La Cassazione era chiamata a decidere sull’impugnazione della richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione presentata da Procura generale di Milano e Avvocatura dello Stato dopo che i legali di Binda avevano richiesto l’indennizzo per il carcere ingiustamente subito dall’imputato, prima condannato all’ergastolo e successivamente assolto in secondo grado e in Cassazione.
Per il momento non seguono commenti né da parte del diretto interessato, né dai legali, che attendono di leggere il contenuto delle carte. La decisione, attesa nel marzo scorso, torna dunque al giudice di secondo grado a cui venne chiesto di decidere sulla somma richiesta di 303 mila euro per 1286 giorni di ingiusta detenzione.
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