Alessandro Maja e le motivazioni del processo per la strage di Samarate

Depositate le pagine che hanno spinto gli 8 giudici dell’Assise bustocca a condannare l’imputato al carcere a vita per il duplice omicidio di moglie e figlia e per il tentato omicidio del primogenito

alessandro maja giulia maja stefania pivetta

Maja in aula «attento e in grado di dare risposte convincenti», e capace di intendere e di volere al momento dei fatti, di quel terribile duplice omicidio di moglie e figlia nella cornice familiare, e del tentato omicidio del figlio scampato solo per caso alla strage familiare consumatasi nella notte ai primi di maggio del 2022 a Samarate.

Ma il vero quesito, fuori da quello sulle capacità risoltosi nella fase dibattimentale, rimane sempre legato al movente. Un gesto che nelle motivazioni dei giudici della Corte d’assise di Busto Arsizio (due togati e sei popolari) presieduta da Giuseppe Fazio fa ricondurre il gesto attorno a due centri di gravità; quello economico e quello sentimentale nei riguardi della moglie. Una considerazione del presente vissuto da Alessandro Maja che probabilmente era offuscato da un punto di vista sfocato legato a supposti (ma no verificati) problemi economici, al castello di carte fatto su lavori mal eseguiti e privi del titolo (non è difatti architetto bensì geometra) e alla preoccupazione per l’intenzione – nota bene intenzione – di acquistare una più grande villa con attico dal valore di 700 mila euro, spesa che il Maja riteneva insostenibile. La Corte rileva poi – altro punto legato ad un possibile movente – una particolare rabbia nei confronti della moglie «che da una decina di anni gli rifiutava rapporti sessuali» e che, a detta dell’imputato, lo «aveva tradito con un macellaio» oltre 30 anni prima.

Problemi economici da lui ingigantiti dei quali, però, non si è trovata traccia; vecchi rancori e un presente insoddisfacente sul piano famigliare e affettivo: particolari di una vita nella quale scattò qualcosa di tremendo e definitivo, che lo ha portato secondo i giudici di Busto Asizio a commettere quella strage emendabile per la Corte solo con una condanna al carcere a vita, sebbene il legale Gino Colombo abbia già annunciato ricorso in appello.

Il 58enne nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 massacrò la famiglia (tra le 4 e le 5 del mattino) uccidendo la moglie e la figlia a martellate (usò una mazzetta) e ferendo in modo gravissimo il figlio maggiore Nicolò, ridotto per molti mesi in sedia a rotelle. Gli omicidi furono commessi nella casa di famiglia in via Torino a Samarate. Anche il fatto di aver agito tra le mura domestiche è considerato particolarmente esecrabile dal giudice estensore.

I giudici nelle motivazioni depositate negli ultimi giorni hanno infine escluso l’aggravante della crudeltà (che secondo le interpretazioni della Cassazione che arricchisce il principio dell’aggravante generale e astratta riguarda la condotta delittuosa atta a non causare per esempio agonia suppletiva alla vittima, che si voleva uccidere o ferire) «non avendo compiuto alcun atto aggiuntivo (durante gli omicidi e il tentato omicidio) tale da prolungare la sofferenza delle vittime».

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Pubblicato il 19 Settembre 2023
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