Alla scoperta di Sogolow e Horowitz, il tandem di dirigenti USA che affiancano Luis Scola

I due giovani manager sono stati ingaggiati a fine luglio e ora sono pienamente operativi. «Varese città magnifica vivere e per fare basket: qui c'è una visione per diventare un club modello in Europa»

zach sogolow maksim horowitz

Annunciati in piena estate, pochi giorni dopo il voltafaccia di Matt Brase e con la squadra ancora da costruire, Zach Sogolow e Maksim Horowitz sono diventati negli ultimi mesi due pezzi importanti di quel mosaico internazionale che è diventata la Pallacanestro Varese. I due giovani manager americani hanno un passato in comune perché hanno lavorato insieme per l’organizzazione della NBA e ora – completati anche i passaggi burocratici – sono divenuti pienamente operativi nel gruppo di lavoro che copre sia l’area sportiva sia quella business del club biancorosso.

Tecnicamente Sogolow è il “general manager of basketball operations” mentre Horowitz è “general manager of basketball strategies”: il primo è più impegnato sul versante dei giocatori, il secondo di ciò che concerne le statistiche e l’analisi dei dati, dando così seguito ai loro precedenti incarichi nelle franchigie NBA (Philadelphia per Sogolow, Atlanta per Horowitz). Ma, anche ascoltando le loro opinioni, il confine tra i ruoli è sottile: entrambi lavorano anche pensando alla “vendibilità del prodotto Pallacanestro Varese” tenendo ben presente il lato legato agli affari, entrambi sottolineano come la loro formazione sia stata sempre improntata ad allargare i propri orizzonti verso il basket al di fuori degli USA.

«Collaboriamo e condividiamo le questioni che riguardano pallacanestro e business – conferma Sogolow – e abbiamo una visione comune e condivisa al di fuori della NBA. Anche quando eravamo in due franchigie differenti abbiamo continuato a sentirci e abbiamo così sviluppato un’attenzione la mondo della pallacanestro che non fosse solo quella nordamericana». «Vogliamo – gli fa eco Horowitz – sviluppare quella identità di squadra che qui si è già vista: Varese ha un determinato modo di giocare ma anche di sviluppare i giocatori e le risorse umane, usando anche la tecnologia e le capacità dello staff. E poi, dal punto di vista del business, lavoriamo per sfruttare al meglio il palazzetto e il Campus per portare qui concetti innovativi nel modo di assistere alle partite».

L’IDEA USA E LE REGOLE ITALIANE 

Come si può affiancare la mentalità di sviluppo americana (che comprende anche annate di forte “magra” per ricostruire le squadre) con quella europea, con tanto di rischio retrocessione? «Parlando della Varese attuale, crediamo molto nei giocatori e nell’allenatore – spiega Sogolow – I numeri poi non mentono: dopo ogni partita ci arrivano segnali per come intervenire a livello tecnico e ottenere risultati migliori.  Nelle prime partite, al di là dei risultati, non avevamo raccolto gli obiettivi previsti mentre ora le cose stanno andando nella direzione giusta. E poi ricordiamoci che questa squadra ha tre giocatori che non avevano mai giocato in Europa e un roster italiano giovanissimo. Nel lungo periodo la classifica migliorerà».
«Siamo più focalizzati sul processo e non sulla singola situazione – conferma Horowitz – La comunicazione con tutti quelli che lavorano qui è costante, abbiamo tantissimi dati da analizzare e più si gioca e ci si allena più arrivano numeri che aiutano a prendere le decisioni. All’inizio il record non è stato positivo ma vediamo che il trend è giusto». Come dire: non pensiamo che questa squadra rimarrà nei bassifondi della classifica.

PERCHÈ A VARESE?

Può sembrare curioso che due dirigenti giovani e già con esperienza NBA abbiano scelto di attraversare l’Atlantico senza particolari ponti d’oro per collaborare con l’attuale Openjobmetis. «Da parte mia è anche una scelta e una sfida familiare – dice Sogolow – io e mia moglie abbiamo tre figli piccoli (5 e 3 anni, 11 mesi ndr) e qui possono crescere in un contesto differente a quello in cui già avevamo scoperto tutto. Varese è la città giusta: è meravigliosa, c’è una società che vuole portare una visione differente e innovativa di pallacanestro, un pubblico che ha un grande attaccamento alla squadre e dà enorme energia durante le partite».

«Le mie motivazioni – tocca a Horowitz – sono simili a quelle di Zach ma aggiungo una cosa. Del progetto di Luis se ne parla in America, io lo conoscevo già, prima di avere i colloqui con lui: qui ci sono le opportunità per costruire la migliore società d’Europa a livello sportivo. E naturalmente Varese città è meravigliosa».

ALL’ATTO PRATICO

Come già spiegato il lavoro dei due dirigenti americani è in parte sovrapponibile e comunque copre un’ampia area condivisa con lo stesso Scola, con il responsabile scouting Matteo Jemoli e con l’uomo degli analytics, Luca Cappelletti. Ma come hanno iniziato a intervenire i due yankees in questi primi mesi all’atto pratico? «Io ho un background legato alle statistiche e alle gestioni dei dati – sottolinea Horowitz – e sto aggiungendo la mia esperienza all’impronta già presente. I dati non riguardano solo le statistiche della prima squadra, sono importanti anche sul lato extrasportivo: pensiamo alle decisioni che vanno prese a livello di marketing, biglietteria e via dicendo. Anche lì stiamo lavorando con questo metodo».

Sogolow è impegnato sia dal punto di vista gestionale sia da quello sportivo: «Nel primo caso mi occupo di strutturare il lavoro operativo tenendo sotto controllo i costi, perché anche da questo lato possono essere ricavate risorse per il club; sulla parte sportiva stiamo approfondendo i contatti con gli agenti dei giocatori e con la nostra rete per conoscere meglio i giocatori che sono anzitutto persone. Vogliamo valorizzare il capitale umano, dobbiamo capire a fondo chi sono gli uomini che giocano per noi».

Restando su questo piano, Sogolow ricorda l’importanza di fare sentire a proprio agio sia il pubblico – l’esperienza a Masnago sarà sempre più coinvolgente – sia i giocatori e le loro famiglie. «Crediamo che offrire determinate cose agli atleti sia fondamentale perché poi, a livello contrattuale e di rapporto con i procuratori, possiamo spiegare qual è la visione che ha la società. Un ulteriore incentivo per giocatori e famiglie».

WILLIE E GLI ALTRI

Infine una curiosità: quanto ha inciso il loro lavoro sull’acquisto più importante dell’estate, quello di Willie Cauley-Stein? «Ci siamo insediati tardi e quindi abbiamo collaborato solo in parte al mercato estivo. Nel caso di Willie lui ha spiegato quali sono state le sue motivazioni nel venire in Europa; noi abbiamo avuto contatti continui con lui, che poi ha parlato anche con Scola e Bialaszewski, e penso che la nostra esperienza in NBA ci abbia dato credito con gli agenti. Vale per Cauley-Stein ma anche per McDermott, Hanlan e Brown. E poi, per un giocatore come Willie che ha già giocato in diverse squadre è importante sapere di venire in una società che mette a disposizione delle persone che lo affiancano e aiutano e una città che vive di pallacanestro. Come Varese».

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Novembre 2023
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