Processo mascherine importate dalla Pivetti. Lo Stato e altri 12 parti civili si costituiscono a Busto
Slitta ancora la decisione sul rinvio a giudizio dell'ex-presidente della Camera e di altre otto persone accusate di aver frodato lo Stato per 35 milioni di euro vendendo mascherine inutilizzabili

Un capo d’imputazione mancante ha fatto slittare la decisione del giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Busto Arsizio, Anna Giorgetti per Irene Pivetti, la figlia, il genero, l’imprenditore Luciano Mega e altri soggetti accusati dal sostituto procuratore Ciro Caramore a vario titolo di frode in forniture pubbliche, bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio nell’ambito di una compravendita dalla Cina di mascherine per un valore complessivo di 35 milioni di euro durante il periodo più duro della pandemia da covid 19. Gli avvocati difensori, infatti, hanno chiesto un rinvio per poter visionare gli atti mancanti e il giudice ha accolto la richiesta.
L’udienza di questa mattina, dunque, è servita più che altro ad accogliere le richieste di parte civile che in tutto sono 13 con l’avvocatura dello Stato in primis e tutta una serie di soggetti pubblici e privati che hanno acquistato parte delle milioni di mascherine scadenti importate dall’ex-presidente della Camera che aveva ottenuto un maxi-appalto dalla Protezione Civile mentre l’Italia intera era nel pieno di una delle più grandi tragedie dopo la Seconda Guerra Mondiale. La Pivetti, attesa questa mattina in aula a Busto Arsizio, questa volta non è comparsa.
Sulla maxi-inchiesta condotta dalla Procura di Busto Arsizio, partita dal sequestro di un carico di mascherine a Malpensa da parte della Guardia di Finanza, incombe il rischio di un invio del fascicolo a Roma. I legali dei nove imputati, infatti, sostengono che il tribunale bustese non sia competente territorialmente in quanto il reato più grave ipotizzato sarebbe stato commesso a Roma e non a Busto.
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