Fuori e dentro le sbarre, a Glocal una riflessione su come i giornalisti parlano di carcere
A Glocal un approfondimento su carcere e media con Susanna Ripamonti e don David Maria Riboldi
Stiamo facendo bene il nostro lavoro?
Diamo al nostro lettore una informazione precisa sul mondo del carcere, puntando i riflettori sui problemi delle strutture carcerarie e le condizioni di vita dei detenuti?
I relatori del panel “Fuori e dentro le sbarre, la narrazione del carcere”, intervenuti sabato 9 novembre a Glocal, il Festival del giornalismo di VareseNews, hanno risposto di no.
Susanna Ripamonti, direttice di “Carte Bollate” – rivista del carcere di Bollate scritta dai detenuti – e Don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio e fondatore della onlus La Valle di Ezechiele, hanno dialogato con la giornalista di VareseNews Santina Buscemi, approfondendo proprio questi temi.
L’indice puntato contro la spettacolarizzazione delle notizie, con risalto alle storie che infervorano lo sguardo giudicante del cittadino verso chi delinque. Se cento detenuti escono per un permesso lavoro e uno evade, i giornali daranno clamore a questa sola fuga, senza puntare i riflettori sui percorsi di inserimento lavorativo affrontati con impegno da tanti altri.
Un clamore mediatico alle storie negative che può trasformarsi in un vero e proprio stravolgimento per i detenuti. Ne ha fatto un esempio Susanna Ripamonti, raccontando come nel 2008, dopo la gravidanza di una detenuta, un giornale titolò “Bollate carcere a luci rosse” e le polemiche che seguirono, ci fu un giro di vite nelle politiche interne della struttura carceraria.
«Da allora le attività a cui le detenute possono accedere sono molto diminuite e la causa è da ricercare anche e soprattutto nel clamore mediatico che si creò – ha evidenziato Ripamonti – non sarebbe stato meglio approfondire la tematica della sessualità in carcere?».
Non solo detenzione narrata in modo sensazionalistico e giudicante, ma anche la criminalità presente nella nostra società percepita come più grave rispetto al reale. «Le denunce sono diminuite, per esattezza dal 2011 al 2023 sono state 500mila in meno, eppure la stampa fa passare il messaggio che i crimini siano in aumento. Non siamo forse noi ad essere più apprensivi rispetto a prima?» ha provocatoriamente chiesto Don Riboldi.
«Il sistema carcerario non funziona, ma di questo non importa nulla a nessuno. Le recidive sono del 70%, che scende al 28% con misure cautelari alternative e su questo occorrerebbe investire, invece la realtà non cambia e sono stati introdotti anche tredici nuovi reati con l’ultimo decreto sicurezza» ha rimarcato Ripamonti.
Per spronare il mondo dell’informazione a produrre articoli che aderiscano alla realtà, e approfondimenti che non concorrino alla diffusione di una violenza verbale che dilaga, fra politica e social, l’11 aprile del 2013 fu scritta la Carta di Milano. Il documento deontologico parla di diritto all’oblio, informazione corretta e rispettosa delle persone.
«I detenuti sono persone e questo non va dimenticato mai» hanno chiosato i due relatori.
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