Generazione digitale, tra esibizionismo e minacce invisibili: i pericoli raccontati da Giorgia Butera ospite della Fondazione Morandi
La sociologa della comunicazione e presidente di METE, ha presentato il suo libro "Dal sexting al revenge porn" nella sala di Villa Recalcati per il primo degli eventi per il ventennale della Fondazione

Una visibilità che travalica la cerchia delle amicizie, la voglia di sentirsi apprezzata, l’inconsapevolezza di mettersi in pericolo, la superficialità della comunicazione.(foto di Elisa Martorana)
Sono tanti i fattori che rendono sempre più allarmante il fenomeno della criminalità digitale legata alla relazione o all’immagine. Ne ha parlato Giorgia Butera, sociologa della comunicazione presidente di METE e advocacy dell’Osservatorio rionale contro il sexting e il revenge porn.
Ospite della Fondazione Felicita Morandi, che ha aperto le celebrazioni del ventennale della sua attività, Butera ha presentato il suo libro “Dal sexting al Revenge Porn” una pubblicazione snella e diretta, in cui identifica il fenomeno sociale dando anche indicazioni precise normative ( dal 2019 il revenge porn è un reato penale), il vademecum della polizia postale in materia e, persino, suggerimenti di ordine pratico sui comportamenti da tenere in rete.
Seduti in prima fila nella sala di Villa Recalcati a Varese c’erano il Prefetto Salvatore Pasquariello, la delegata dell’Università dell’Insubria per le pari opportunità Paola Biavaschi, la delegata dell’Asst Sette Laghi Camilla Callegari, direttrice del Dipartimento di salute Mentale e la consigliera regionale di Fratelli d’Italia Romana Dell’Erba.

Dopo la presentazione della presidente della Fondazione Morandi Giovanna Schiena, che ha riassunto la storia di impegno al fianco delle donne vittime di violenza e di violenza di genere in senso lato e ha raccontato gli obiettivi per il 2025 specificamente dedicati alla donna disabile che si trova in condizioni di prostrazione e alla cultura con interventi mirati nelle scuole, hanno preso la parola il Prefetto Pasquariello che ha tra gli obiettivi della sua azione proprio l’attenzione al mondo giovanile attraverso politiche di prevenzione mirate, come il convegno che si terrà in giugno dedicato alle sostanze stupefacenti, la professoressa Biavaschi impegnata in politiche di superamento dei pregiudizi di genere in ambito universitario, la professoressa Callegari con cui la Fondazione Morandi sta realizzando il progetto LINK di tutela delle vittime fragili dopo il superamento della fase di emergenza mentre la consigliera Del’Erba ha ricordato i recenti stanziamenti sul tema della tutela delle fragilità soprattutto al fianco di chi subisce violenze.
Giorgia Butera ha raccontato la sua ampia esperienza quotidiana di contrasto ad abusi e soprusi, come quello in favore delle spose bambini; ha messo in guardia dalla pericolosità della rete dove nessuno è più padrone dei propri contenuti. Ha raccontato della mancanza di pudore da parte dei giovanissimi tra cui si diffonde la pratica del “sessaggiare” che ha sostituito quella del “messaggiare”.
Ha spiegato il suo impegno nelle scuole dove il tema delle foto provocanti e ammiccanti è molto diffuso e, soprattutto, della velocità con cui girano le informazioni tra i giovanissimi che viaggiano a velocità ben superiori rispetto a quelle del mondo adulto.

Giorgia Butera ha sottolineato l’importanza dei “no” da parte dei genitori e degli educatori, della necessità di una cultura che insegni a volersi bene, a rispettarsi e difendere la propria persona. Ha affrontato il delicato tema della libertà personale e del voyeurismo digitale, dell’esibizionismo deviato e dell’enfasi che i media attribuiscono a storie di mercificazione della propria immagine.
Un racconto, quello di Giorgia Buttera, che partendo dalla sua esperienza di ascolto e di incontro, indica strumenti validi di intervento per bloccare comportamenti rischiosi o sostenere chi è in difficoltà, o accogliere la vittima spesso abbandonata a sé stessa.
La Fondazione Morandi non poteva iniziare in modo migliore la serie di eventi per sottolineare la necessità di un impegno costante al fianco di chi è vittima di violenza ma, ancora di più, per promuovere una cultura del rispetto che, nonostante mezzo secolo di battaglie femministe, ha ancora molta strada da fare.
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