Governance, disuguaglianze e riforme: a Varese il Rapporto che ridisegna il welfare italiano
A Villa Recalcati istituzioni, esperti e rappresentanti del terzo settore si sono confrontati sulle criticità e sulle opportunità del welfare di prossimità, tra governance frammentata, disuguaglianze territoriali e bisogno di riforme

Si è tenuto sabato 24 maggio a Varese, presso la suggestiva cornice di Villa Recalcati, l’evento di presentazione del Rapporto “Sussidiarietà e… welfare territoriale”, a cura della Fondazione per la Sussidiarietà (A QUESTO LINK LA POSSIBILITA’ DI RICEVERE IL RAPPORTO).
Una ricca mattinata di confronto che ha messo in luce un quadro complesso ma anche ricco di potenziale. Le sfide della governance frammentata, della disuguaglianza nell’accesso ai servizi e dell’inadeguatezza di alcuni strumenti attuali sono chiare. La via indicata per il futuro è quella di una maggiore collaborazione tra pubblico e terzo settore, supportata da riforme strutturali, strumenti fiscali adeguati e una rinnovata capacità di passare dall’analisi all’azione concreta, riconoscendo il valore strategico e l’enorme potenziale dell’economia sociale e del welfare di prossimità.
L’incontro ha visto la partecipazione di numerose autorità e relatori, tra cui il Sindaco di Varese Davide Galimberti, il Presidente della Provincia di Varese Marco Magrini, il Sottosegretario alla Presidenza Regione Lombardia Raffaele Cattaneo, il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, la Vicepresidente Commissione per l’agricoltura e componente intergruppo parlamentare per la sussidiarietà Maria Chiara Gadda, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (con un videomessaggio), il Presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto Federico Visconti e il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini.
Il dibattito, ricco di spunti, ha messo in luce le sfide e le opportunità del welfare territoriale nel contesto attuale. Particolare risalto è stato dato alle analisi e alle proposte emerse dal Rapporto, approfondite dagli interventi di Giorgio Vittadini, Maria Chiara Gadda e Federico Visconti.

L’Analisi di Giorgio Vittadini: Problemi Strutturali e la Via della Sussidiarietà
Il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, ha posto l’accento sulla complessità e sul potenziale peggioramento delle condizioni attuali. Il Rapporto rileva diversi problemi strutturali nel welfare territoriale.
Il primo nodo critico è la governance policentrica, caratterizzata da una mancanza di coordinamento tra i diversi enti (Regione, Comune, Stato, INPS, INAIL, ecc.). Questo porta a una gestione disorganica dei flussi e a carenze o duplicazioni di servizi, specialmente per bisogni come quelli degli anziani o dei disabili. Vittadini ha anche notato un deprezzamento politico del welfare, un tempo affidato a ministri di primo piano, oggi ridotto a un sottosegretariato di un ministero deprezzato come quello del lavoro.
Un altro problema evidenziato è la disomogeneità della spesa tra regioni, ma anche all’interno delle regioni stesse, con maggiore spesa nelle città e nelle aree di pianura rispetto alle province e alla montagna. Ciò implica che i cittadini non sono trattati allo stesso modo. Inoltre, si riscontra una generale assenza di monitoraggio dei bisogni e una tendenza a standardizzare l’offerta di servizi su modelli superati, nonostante i rapidi cambiamenti demografici e l’aumento di specifiche patologie.
Vittadini ha criticato la mancanza di valutazione della qualità dei servizi, sottolineando la necessità di guardare non solo agli output (quanto si spende) ma soprattutto agli outcome (l’esito, se l’anziano, il bambino, il disabile stanno meglio). Un punto fermo della sua analisi è la contrarietà alla politica dei trasferimenti monetari o “bonus”. Egli sostiene che i bonus non risolvono strutturalmente i problemi e non generano una “presa in carico” efficace. Al contrario, investire in servizi erogati da realtà del terzo settore moltiplica l’efficacia dell’intervento. L’assistenzialismo basato sui bonus aumenta le disuguaglianze, mentre i servizi, veicolati da reti di persone e famiglie capaci di utilizzarli, contribuiscono a superarle.

La soluzione proposta passa per una riforma generale dell’organizzazione del welfare territoriale, non frammentata, che preveda organicità tra gli enti centrali, le regioni e soprattutto una riorganizzazione a livello comunale e provinciale, magari creando “realtà territoriali più grandi dei comuni” per erogare i servizi in modo efficiente.
In questo quadro, la sussidiarietà diventa fondamentale. Vittadini ha citato la recente sentenza della Corte Costituzionale che definisce la sussidiarietà orizzontale come la scelta dell’ente, pubblico o privato, centrale o periferico, più vicino possibile al cittadino, richiedendo quindi un approccio organico e ripensato.
Il terzo settore emerge come attore cruciale, gestendo una larga parte del welfare (70% non-profit nel sociale, 88% nell’assistenza sociale). Vittadini ha ribaltato il vecchio slogan “meno società, più stato” in “più sussidiarietà, più stato”, evidenziando la necessità di collaborazione tra Comuni e terzo settore. Nonostante il 62% degli italiani consideri il terzo settore più efficace in termini di qualità dei servizi, la concreta attuazione della coprogettazione e coprogrammazione, rilanciate dalla Corte Costituzionale, richiede un supporto normativo e amministrativo per i funzionari pubblici, affinché non temano inchieste o giudizi della Corte dei Conti quando collaborano in modo innovativo. Il terzo settore investe già significativamente (4 miliardi nel welfare territoriale), e le fondazioni bancarie mettono a disposizione miliardi, anche se con una distribuzione geografica sbilanciata. La realtà odierna vede già il 20% del welfare gestito privatamente (badanti, babysitter), generando disuguaglianza per chi non può permetterselo. L’accesso ai servizi fondamentali è percepito come difficile o impossibile dal 70-80% dei cittadini, specialmente per gli isolati e meno istruiti. Questo peggiora la povertà e la disuguaglianza.

Maria Chiara Gadda: Strumenti Inadeguati e Potenziale della Riforma del Terzo Settore
Maria Chiara Gadda ha approfondito alcuni aspetti critici e le potenzialità offerte dalla riforma del terzo settore. Ha sottolineato l’importanza di politiche sulla casa, connesse anche alla stabilità del sistema produttivo e alla manodopera straniera. Ha poi evidenziato la disconnessione tra domanda e offerta nel mercato del lavoro e la necessità di ripensare la formazione professionale per anticipare le figure future.
Critica è la valutazione degli strumenti attuali per misurare il bisogno. L’ISEE, pur necessario, è considerato un indicatore “in ritardo nel tempo” perché fotografa una situazione passata e non è in grado di cogliere gli “scivolamenti” improvvisi in condizioni di fragilità causati da eventi inaspettati (come una spesa sanitaria urgente o la rottura dell’auto in zone non servite dai trasporti pubblici). Queste difficoltà colpiscono chi è al confine della soglia di povertà e non è raggiunto dagli strumenti della pubblica amministrazione, che spesso intervengono solo per le fasce più estreme.
In sintonia con Vittadini, Gadda ha ribadito la necessità di superare la logica dei bonus monetari. Una “presa in carico” più profonda e collaborativa è fondamentale. L’approccio dell’amministrazione condivisa, previsto dalla riforma del terzo settore, permette di entrare in contatto con le persone e scoprire bisogni latenti o complessi che un semplice trasferimento di denaro non rivelerebbe.
La riforma del terzo settore ha avuto il merito di riconoscere e cercare di mettere a sistema i diversi modelli organizzativi e le attività di interesse generale già esistenti nel terzo settore. In questo contesto, la Fondazione Comunitaria del Varesotto svolge un ruolo importante non erogando direttamente servizi, ma facilitando le attività degli altri enti nell’ottica dell’amministrazione condivisa. Gadda ha ribadito che le piccole realtà, sia imprenditoriali che del terzo settore, non possono più permettersi di essere sole; sono necessarie politiche di aggregazione e strumenti, anche fiscali, che incentivino la collaborazione.
La sussidiarietà non deve essere vista solo a livello territoriale. È necessaria una governance nazionale sulle priorità del paese e una capacità di intervenire a ogni livello, correggendo ad esempio la disomogeneità regionale nella formazione professionale, pur mantenendo l’adattamento territoriale (come per gli ITS Academy). La leva fiscale è uno strumento potente per guidare i comportamenti. Gadda ha citato l’esempio della legge anti-spreco (L. 166), che ha scelto la via della semplificazione burocratica e dell’agevolazione fiscale per incentivare le aziende a donare beni in eccedenza. La novità della “comfort letter” dall’UE è vista positivamente, riconoscendo l’Italia come unico paese ad aver introdotto misure fiscali e normative di favore per il terzo settore con la riforma del 2017. Queste misure, che riconoscono come differenza chiave tra profit e non profit l’assenza di lucratività e il reinvestimento degli utili, devono essere integrate in un piano strategico nazionale per l’economia sociale. L’economia sociale è un settore di enorme rilevanza, rappresentando il 10% del PIL nazionale, con oltre un milione di occupati e 5,5 milioni di volontari.
Giorgetti e la sfida della demografia
Giancarlo Giorgetti ha trasmesso il suo contributo a distanza, non potendo essere presente di persona a causa di impegni istituzionali. Ha definito il tema del rapporto sulla Sussidiarietà 2024 come “centrale per il nostro paese”. Il punto fondamentale del suo intervento riguarda *”come garantire insieme un welfare di prossimità che sia in grado di rispondere concretamente ai bisogni delle persone lì dove vivono”. Secondo Giorgetti, i modelli classici di intervento pubblico da soli non sono più sufficienti. Non li considera sbagliati, ma ritiene che facciano fatica a tenere insieme la sostenibilità economica, la tempestività delle risposte e la personalizzazione degli interventi. Questo vale per i grandi centri urbani, ma è ancora più vero nei piccoli comuni. Nei comuni sotto i 5.000 abitanti, spesso la difficoltà non è la mancanza di fondi (la spesa in protezione sociale è aumentata negli ultimi 10 anni), ma la capacità di impiegarli bene e adattarli ai bisogni locali. Come evidenzia il rapporto, questi comuni registrano una “spesa sociale pro capite inferiore alla media nazionale”, con evidenti difficoltà su servizi fondamentali come gli asili nido e l’assistenza alla persona. Un problema più ampio, sotto l’attenzione di politici, amministratori locali e comunità scientifica, è la profonda trasformazione demografica in atto in Italia, caratterizzata dall'”invecchiamento della popolazione” e dal “calo delle nascite”. Questa ricomposizione della domanda di cura e assistenza sociale influisce sulla spesa, sempre più bilanciata su pensioni, assistenza sanitaria e servizi. Il sistema di welfare territoriale è chiamato a rispondere a queste transizioni, e il territorio, con le sue specificità, diventa un target di analisi per cogliere le trasformazioni in atto. Giorgetti sottolinea come le aree interne, dove risiede un quarto della popolazione, si assottiglieranno progressivamente, e l’assenza di servizi renderà questo processo irreversibile. Dunque, il “welfare è uno strumento decisivo di contrasto allo spopolamento e al declino demografico”. Quando una famiglia lascia un paese, non se ne va solo un nucleo anagrafico, ma “un pezzo di identità, di storia, di cultura”. Per garantire un futuro a queste comunità, è necessario “mettere la cura al centro della politica”.
Federico Visconti: il ruolo di facilitatore della Fondazione Comunitaria del Varesotto
Federico Visconti, Presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto, Il suo primo pensiero è allineato con l’analisi del Rapporto: la visione che emerge è quella di una strategia fortemente orizzontale, basata sulla sussidiarietà e la collaborazione tra Stato, enti pubblici, terzo settore e imprese, superando logiche di mercato o gerarchia. Da “aziendalista”, vede in ciò la valorizzazione delle sinergie, come nell’esempio dello sviluppo di collaborazioni tra scuole tecniche e terzo settore per l’inserimento lavorativo, data la carenza di figure professionali.
Il secondo pensiero riguarda l’educazione, anche prima della formazione tecnica. Ha rilevato un “bisogno educativo straordinario”, illustrato con aneddoti sul divario generazionale con gli studenti e una critica ironica ai moderni metodi didattici che rischiano di allontanarsi dall’engagement reale. La collaborazione tra pubblico e terzo settore è vista come fondamentale proprio nei processi educativi.
Tuttavia, le strategie orizzontali richiedono anche “ruoli guida”, qualcuno che rappresenti il “perno” o il “polso” per far lavorare insieme le diverse entità. Visconti ha riconosciuto la sfida della governance policentrica e della mentalità dei “mille campanili”, che rende difficile il riconoscimento di leadership. Ha sposato il concetto di “welfare di precisione” (dal rapporto), raggiungibile attraverso l’individuazione delle sinergie, la collaborazione e il riconoscimento dei ruoli guida.
Il suo secondo punto focale è il ruolo della Fondazione Comunitaria del Varesotto. Oltre all’erogazione di fondi (~2 milioni/anno), la Fondazione ha una missione istituzionale nel facilitare le collaborazioni, guidare la cultura del dono e inserirsi nell’amministrazione condivisa. Le sfide non mancano, tra bisogni crescenti e concorrenza per le risorse.
Infine, il terzo punto, considerato cruciale, è il passaggio dalle “analisi rigorose” alla “will to manage”, alla volontà di gestire, all’execution. Questo è spesso la “trappola” in cui si cade. L’esecuzione è vista come una “battaglia contro” gli ostacoli (“nonostante”), e l’obiettivo dovrebbe essere quello di dimezzare questi ostacoli per liberare energie e rispondere ai bisogni. Portare un consiglio di amministrazione a una rigorosa implementazione del “finalismo istituzionale” (la piena consapevolezza dello scopo e del mestiere) è un esempio concreto di execution.
Cattaneo: “La sussidiarietà deve mettere la persona al centro, non essere uno slogan”
Il Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia con delega alle relazioni internazionali ed europee, Raffaele Cattaneo, intervenuto all’evento, ha sottolineato come il Rapporto rappresenti da oltre 15 anni uno strumento fondamentale per interpretare il
principio di sussidiarietà, introdotto in Costituzione nel 2001, non come un mero principio formale ma come una concreta possibilità di “fare bene” attraverso la collaborazione e l’autonomia degli attori territoriali.
«Il principio di sussidiarietà non deve rimanere una semplice enunciazione costituzionale, ma deve tradursi in un reale impegno a valorizzare la collaborazione e l’autonomia degli enti territoriali e delle realtà sociali – ha affermato Cattaneo –. Solo così si può garantire un welfare efficace, capace di rispondere in modo concreto alle esigenze di anziani, minori, famiglie e persone fragili, superando logiche burocratiche e centralistiche».
“Altro che marginali nel mondo: l’Europa mette al centro la vita e dobbiamo esserne consapevoli”
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