La moglie lo denuncia, lui finisce a processo a Varese ma per il pm non ci furono maltrattamenti
Diversi gli episodi contestati finiti in un processo dove sono state analizzate le diverse vicissitudini della coppia in lite

Nel processo che vede contrapporsi per i reati di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori due ex coniugi quarantenni della «Varese bene» è stata, la giornata di martedì, il momento della discussione del caso finito al centro delle cronache nei mesi scorsi per la risonanza avuta nel capoluogo prealpino.
Le denunce riguardavano il comportamento di un avvocato quarantenne oggi professionista che opera in Svizzera, accusato dall’ex moglie di violente intemperanze rispetto alla vita della donna, con anche episodi legati a contatti fisici tra i due. Una coppia che aveva messo al mondo un bambino e che si è sciolta dopo un periodo turbolento, un menage di coppia tale da compromettere la sopravvivenza del rapporto coniugale. Ma per la donna, parte offesa, ci sarebbe stato ben altro, dunque un comportamento da parte dell’ex marito che avrebbe operato da maltrattante.
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Dunque, le conclusioni del Pubblico Ministero Lorenzo Dalla Palma sono state molto chiare: l’imputato va assolto non solo perché il reato di stalking (uno dei due capi d’imputazione originari) verrebbe assorbito dall’ipotesi del maltrattamento in famiglia, ma anche soprattutto poiché quest’ultima ipotesi delittuosa verrebbe meno: non è escluso che vi sia stato un condizionamento della vita della donna rispetto al comportamento del marito, ma non è detto che questo condizionamento sia da profilarsi come un elemento a carico dell’uomo in un contesto di responsabilità penale. Una posizione del tutto analoga a quella della difesa dell’imputato (avvocato Irene Visconti) che ne ha chiesto l’assoluzione, enumerando i diversi elementi a discarico dell’uomo.
Invece la parte civile, avvocato Simona Bettiati, oltre a presentare una memoria nella quale richiedere la definizione del danno appunto in sede civile, ha chiesto di considerare la colpevolezza dell’imputato secondo il reato di maltrattamenti in famiglia che sarebbero avvenuti almeno in quattro episodi in un periodo compreso in sei anni, dal 2014 al 2019, e non soltanto nell’ambito di una vita coniugale ma anche in altre occasioni quando i due avevano avuto modo di incontrarsi. Contatti fisici, strattonamenti, secchiate d’acqua, risposte irriverenti, e in generale un contesto psicologico pesante per la donna che si è sentita denigrata, secondo il suo avvocato, dal comportamento dell’imputato. A giugno la sentenza.
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