Quando il cittadino del mondo Ambrosetti raccontò a Varesenews la sua varesinità
E' del 2018 l'intervista a "cuore aperto" con il noto economista scomparso il 6 settembre a 91 anni, dove racconta la sua vita professionale. Una testimonianza indimenticabile

E’ stato lo stesso Alfredo Ambrosetti, scomparso sabato 6 settembre all’età di 94 anni, a raccontare la sua avventurosa vita in una intervista rilasciata a Varesenews del 2018.
In quella piacevole chiacchierata ha raccontato, in particolare, il suo legame strettissimo con Varese, malgrado la sua vita sia stata internazionale, il suo ufficio a Milano e il suo più importante evento a Cernobbio, sul lago di Como. Ve la riproponiamo qui sotto:
Alfredo Ambrosetti: «Varese, ecco finalmente il mio regalo per te»
PERCHE’ HA INVENTATO “IL FORUM DI CERNOBBIO” E NON “IL FORUM DI VARESE”
Cavalier Ambrosetti, il suo Forum di fama mondiale non si chiama “Forum di Varese” ma “Forum di Cernobbio”. Come mai? «Il forum l’ho fatto a Cernobbio perchè Varese non aveva Villa d’Este!» è la sua risposta divertita.
«Parliamoci chiaro: Villa d’Este è stato messo più volte al primo posto nelle classifiche di Forbes per i migliori alberghi del mondo per l’ottima cucina, l’ottima organizzazione, il fatto che dà l’impressione di essere una grande villa con molte camere. L’assegnazione di queste, tra l’altro, è sempre stata un mal di capo terribile: perchè ce n’erano sempre meno dei partecipanti, ma tutti volevano alloggiare lì. Poi ha uno splendido parco, una piscina galleggiante, l’eliporto…Ma non creda: per me è stato un dispiacere, non farlo dalle nostre parti. Il problema è che io ho un difetto: quando faccio le cose, devo farle al miglior livello possibile al mondo. E all’epoca in cui l’ho lanciato il meglio, per l’ospitalità di chi contavo di invitare, era lì».
“LE MIE SCELTE PROFESSIONALI? DIPENDONO DALLA DISTANZA CON LA STAZIONE CADORNA”
«I miei legami con Varese? Malgrado l’apparenza, sono fortissimi: innanzitutto sono nato qua e poi non ho mai pensato per un momento di allontanarmi. Per dire: io inizialmente volevo fare medicina, ma mio padre che aveva un gran senso pratico mi suggerì di fare economia. Mi sembrò una buona idea, ma davanti all’alternativa tra Cattolica e Bocconi, le due università milanesi che avevano la facoltà di economia, chiesi qual era la più vicina alla stazione Nord: è stato così che ho scelto di frequentare la Cattolica. Mario Monti, caro amico da sempre, ancora me lo rinfaccia».

Dopo lo studio, anche l’inizio della carriera professionale fu segnata da scelte analoghe: «Appena laureato, fui molto fortunato: mi arrivarono ben 87 proposte di lavoro. Non ho scelto la migliore: ancora una volta, ho cercato quella piu vicina alla stazione Nord. Fortunatamente, era anche l’azienda più importante delle 87 che mi avevano contattato: la Edison, all’epoca in cui il presidente era Giorgio Valerio. Enel, per dare idea delle dimensioni, era solo una sezione del gruppo. Feci carriera presto: fui nominato il piu giovane dirigente di Enel. Erano però anche gli anni della nazionalizzazione dell’azienda, di cui non ero contento: per di più, quando mi convocarono per darmi un quadro della mia carriera futura, che si sarebbe dovuta svolgere a Roma, decisi di lasciare perdere, e fondai il mio studio di consulenza. A Milano».
Lo studio, una novità in Italia, parte subito benissimo: «Da quando ero stato in America per Edison, ho cominciato ad andare a dare consigli nelle aziende con cui eravamo in relazione: non smettevo mai di darne, e quando lo facevo me ne chiedevano di più. Avevo tante di quelle richieste, che quando è nato il mio studio avevo già lavoro per saturare tre professionisti oltre a me».
Un lavoro nato anch’esso a Varese e grazie a questo diventato nazionale e mondiale: «Uno dei miei primi clienti fu Luigi Carlini, vicepresidente del gruppo Mazzucchelli, che allora era un’azienda importantissima, al top mondiale del suo settore. Un giorno mi chiamò chiedendomi un favore, quello di dare una mano al consigliere delegato della Henkel la notissima multinazionale tedesca. Quest’ultimo, dopo la mia consulenza, mi chiese di aiutare il fratello, capo di una azienda che nei primi anni sessanta era straordinariamente in auge: la Bombrini Parodi Delfino, che inventò il primo detersivo moderno, il Tot. E sa chi erano due dei principali dirigenti? Cesare Romiti e Mario Schimberni» In poco tempo, era diventato il consulente del Gotha dell’industria, all’epoca del boom economico italiano.
DALLA FORMAZIONE PERMANENTE AL FORUM DI VILLA D’ESTE
L’idea del Forum nasce per gradi: «Per parlare del forum, bisogna tornare un po’ indietro: alla nascita, nei primi anni settanta, dell’AP, aggiornamento permanente. Una proposta dello studio nata quando mi ero accorto che i presidenti delle grandi società non facevano formazione, malgrado ricevessero inviti da Stanford o Harvard: loro li tenevano sul tavolo, onorati di essere invitati, ma non ci andavano. Il problema era che era necessaria una trasferta negli Stati Uniti, per partecipare a studi di alto livello e loro non ne avevano il tempo».
Ma il mondo stava cambiando, e l’aggiornamento del management diventava vitale. «In Mazzuchelli noi già facevamo dei corsi di aggiornamento interno; un giorno mi hanno proposto di invitare una persona esterna per tenere una lezione, e prima di metterla in pratica mi sono domandato: “ma se invito lui, quanti si risentono perché non li ho invitati?” in pochi minuti è venuta fuori una lista di nomi. Da lì mi si è accesa una lampadina, che ha fatto nascere l’aggiornamento permanente: una riunione al mese, con argomenti e relatori sempre diversi. Fu un successo, ricevemmo 450 adesioni in poco tempo. E ben presto dovemmo organizzarli su più sedi per accontentare tutti».
Fu alla fine di uno di quei corsi che maturò l’idea del Forum: «Una sera di novembre del 1974 tornavo dal Veneto, dove avevamo tenuto uno di questi corsi di formazione, con il professor Umberto Colombo. Eravamo in treno, perchè c’era una nebbia pesantissima e non era il caso di tornare in auto. Avemmo così il tempo di riflettere su quel corso, che prevedeva tre relatori per tre scenari diversi: lui, Nino Andreatta e Francesco Alberoni, rispettivamente per ricerca, economia, sociopolitica. L’idea del forum, in un posto specifico, che affrontasse in tre giorni questi tre scenari è arrivata li, in viaggio».
La prima edizione, del 1975, non andò però benissimo come partecipazione: «La sera in cui quel primo forum si concluse, Nino Andreatta, a cui avevo preso in affitto una casa al Sacro Monte per i suoi giorni di permanenza durante il forum, davanti al panorama mi disse “posso farle una confidenza? Non ho mai imparato tanto come in questi tre giorni”. E Andreatta non era un campione di umiltà…».
Fu una bella spinta a continuare. E fu una buona idea, perchè il forum cominciò a prendere piede e tutti cominciarono a presentarsi, sia come relatori che come partecipanti: «Non credevamo ai nostri occhi: noi li invitavamo, loro dicevano di si, e noi eravamo i primi a non crederci. Ma erano cosi contenti di come erano trattati, e dello scambio di informazioni che c’era in quel forum, che il passaparola fu fortissimo».

QUANDO AGNELLI SI “MISE IN MEZZO” TRA PERES E ARAFAT
Al forum Ambrosetti hanno partecipato vicepresidenti degli Stati Uniti come Joe Biden e Dick Cheney, leader di paesi opposti come Shimon Peres e Yasser Arafat, capi di governo come Helmut Schmit ed Recep Yassif Erdogan. «In realtà Erdogan ci è venuto spesso, al forum:ogni volta per perorare la causa dall’ammissione della Turchia in Europa». Con loro, hanno partecipato anche Mario Monti e Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi e Rania di Giordania, Manuel Barroso e Bill Gates, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini.
Tra coloro che l’hanno colpito maggiormente dal lato umano ci sono: «Shimon Peres, Henry Kissinger, Helmut Schmid. Ho partecipato a moltissime riunioni nella mia vita, e ho sempre trovato grande dibattito e grande confusione. Ma quando arrivavano loro e prendevano la parola, in tre minuti erano in grado di chiarire una situazione e mettere d’accordo tutti».
Tra i più affezionati partecipanti, Ambrosetti invece annovera senza dubbio: «Gianni Agnelli. Ha partecipato a 20 edizioni, fino all’anno della sua morte, non se ne perdeva una – spiega – e il mio ricordo più vivido è quando lui si è “messo in mezzo” in una foto storica, quella della stretta di mano tra Peres e Arafat. Quella foto ha fatto il giro del mondo».
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